La mattanza mesoamericana delle donne che lottano per difendere i diritti umani

Juana Ramírez, Dina Puente, Leslie Ann Pamela Montenegro, Juana Raymundo, María Guadalupe Hernández e Guadalupe Campanur sono i nomi di alcuni delle difenditrici dei diritti umani che sono state assassinate nel 2018 in America Latina per avere dedicato la loro vita a lavorare per il cambiamento delle loro comunità. Tra il 2015 e nel 2016 sono stati almeno 2.197 i difensori dei diritti umani che hanno subito aggressioni in Salvador (102), Guatemala (231), Honduras (810), Messico (862) e Nicaragua (192). Un aumento del 30% dei casi rispetto al periodo precedente.

Questi i dati diffusi da “Iniziativa Mesoamericana delle donne difensore” ieri, 29 novembre, nel giorno internazionale delle donne difensore. Come dimostrano altre statistiche, purtroppo, sono proprio i difensori della terra, del territorio e delle risorse naturali i più attaccati. Tra gli aggressori, il 54% sono stati identificati come parte della polizia, oppure militari, funzionari pubblici o autorità di diversi livelli. Sono le istituzioni dunque ad attaccare ma anche a criminalizzare gli attivisti e le attiviste. Una tendenza preoccupante che l’associazione denuncia nel suo comunicato “Difensore, semi di cambiamento contro le politiche di morte”.

E fanno un passo in più: ci dicono che questi dati vanno di pari passo all’aumento esponenziale delle attività estrattive in questa regione e l’arrivo delle grandi imprese, l’aumento della militarizzazione, della la violenza sociale e, in particolare, la violenza contro le donne, della disuguaglianza, del razzismo, dell’impunità o e della chiusura dello spazio democratico, come alcuni dei punti salienti.Questa situazione, nel corso dell’ultimo anno, lungi dal migliorare, è peggiorata e, in casi come l’Honduras e il Nicaragua, come testimoniano le migliaia di persone del Nicaragua e Honduras esiliati o di sfollati e paradigmaticamente, la Carovana Migrante che sta attraversando il Messico verso il confine degli Stati Uniti.

L’impatto di questo contesto, in particolare sui corpi e le vite delle donne – dice ancor il comunicato – ha conseguenze ben precise: la femminilizzazione della povertà, femminicidio, violenza sessuale, reti della tratta, la criminalizzazione dell’aborto… forse è anche per questo che sono le donne sempre più spesso ad alzare la voce e organizzare lotte contro quelle che vengono definite “politiche di morte”, tanto per i corpi quanto per i territori.

Ed è in questa giornata che è importante ricordare, per non dimenticare mai, le lotte di coloro che si sono sacrificati in difesa dei diritti umani, la speranza che hanno creato e la generosità che hanno impiegato. E simbolicamente, per tutti gli invisibili e coloro le cui morti sono rimaste senza colpevoli, il comunicato ricorda l’impunità dei mandanti dell’omicidio di Berta Cáceres e invita tutti e tutte a unirsi nella protesta.