La terra, il mare e le persone. Percorsi di conversione ecologica sulla rotta mediterranea

Menchini (Cospe): «La conversione agroecologica è una sfida che si vince solo mettendo al centro le persone»

L’appuntamento nel comune di Melpignano, in provincia di Lecce, ha segnato la tappa finale di un percorso improntato sulla conversione ecologica, iniziato ad Isola del Piano (Pesaro-Urbino) oltre un anno fa da Cospe onlus, Fondazione Langer, Fondazione Girolomoni a cui si sono aggiunte nel tempo tante altre associazioni ed istituzioni, regionali e locali, che lavorano nell’ambito dell’agricoltura, della pesca, della riqualificazione territoriale e dell’eco turismo.

Il convegno “La terra, il mare e le persone. Percorsi di conversione ecologica sulla rotta mediterranea”, tenutosi lo scorso 3 e 4 novembre nel comune verde di Lecce, ha visto la partecipazione di molte realtà che si sono confrontate, dando voce ai loro sogni e condividendo le difficoltà incontrate durante sfide quotidiane affrontate comunque con grande determinazione. E che adesso sono pronte a lavorare insieme per una sfida comune a fronte di cambiamenti e contesti sempre nuovi a cui le associazioni tentano di dare risposte etiche ed ecologiche.

«Ci troviamo nella fase 3.0 dell’agricoltura biologica – ha detto Giovanni Girolomoni, dell’omonima cooperativa agricola di Isola del Piano, durante la prima sessione dell’incontro, “La terra”, – oggi siamo chiamati a coniugare il sistema di produzione biologica e i suoi valori alle logiche di mercato. Siamo passati da un consumo di nicchia a un consumo mainstream dei prodotti bio e oggi la concorrenza viene dai grandi gruppi industriali che producono bio, ma nella maggioranza dei casi non tengono in considerazione i valori che sottendono a questa produzione».

Si tratta di quelle realtà che Alex Langer, ispiratore del convegno oltre che ideatore del termine e del concetto di conversione ecologica, definiva “sulla frontiera”. Un’altra testimonianza che è anche uno specchio ei tempi, arriva dai ragazzi e dalle ragazze della rete Salento Km0, una rete che riunisce decine di associazioni salentine. Tra loro la cooperativa “Casa delle agricolture di Tullia e Gino”, un’attività con decenni di storia, che ancora oggi si basa sul volontariato dei soci e che negli ultimi tempi si è avvalsa di un crowdfunding, un fondo regionale e un mutuo con Banca Etica. Grazie a questi fondi sono stati in grado di realizzare un forno comunitario, comprare un mulino e dare vita alla “Notte verde di Castiglione d’Otranto” dove la cooperativa ha sede, una manifestazione incentrata sui temi ambientali e agricoli.

Un intervento dopo l’altro e saltano fuori spontaneamente concetti importanti come “rete” e “comunità”: la creazione di queste risulta essere la fase più delicata, ma allo stesso tempo la più indispensabile per poter raggiungere risultati duraturi. Come ricorda Roberta Bruno, della cooperativa “Karadrà” di Aradeo (di Salento Km0) “è importante recuperare le nostre radici, la nostra storia e trovare qui nel nostro territorio le opportunità di sviluppo. E’ un modo per rimanere a casa e per non vedere ancora quel binario che ti porta via e non ti riporta più indietro”. Infatti, uno tra i tanti problemi delle zone salentine è proprio quello dello spopolamento, oltre alla perdita della storia e della memoria. La seconda giornata, dedicata al mare, comincia con Giovanni Damiani, presidente dell’Ecoistituto dell’Abruzzo, che ci ricorda che «il mare comincia dalla terra»: solitamente tendiamo a distinguere le attività che si svolgono a terra da quelle tipiche del mare, ma Damiani, esperto di ecologia ambientale e professore di chimica ambientale, sottolinea come invece si tratti di un unico grande ecosistema che si regge su equilibri delicati, ormai sempre più precari. I dati sono inquietanti: inquinamento, detergenti, fogne ma soprattutto l’enorme quantità di fosforo prodotto da aziende agricole che, attraverso i fiumi, si riversa nel mare causando la putrefazione dei fondali e la distruzione della biodiversità. A questo dobbiamo aggiungere la pesca intensiva e l’innalzamento del clima: il quadro che abbiamo davanti è a dir poco catastrofico.

Quindi come uscirne? Secondo Damiani «occorre una vera e propria rivoluzione ecologica. Dobbiamo ripartire dall’agroecologia, dallo smaltimento dei rifiuti attraverso il compostaggio eliminando inceneritori e, se fosse possibile, dovremmo eliminare le fogne a favore di bagni a compost e ridisegnare le nostre case e le nostre città». Altri esempi che arrivano dal Salento sono quello della valorizzazione del Porto Museo di Tricase (Lecce) e il coinvolgimento dei pescatori nell’area marina protetta di Torre Guaceto (Brindisi) per una pesca artigianale e sostenibile: due esperienze che vedono la grande partecipazione della società civile che crea e manda avanti la consapevolezza ambientale, ecologica e storica. Esperienze virtuose che purtroppo non bastano ma servono da ispirazione a future esperienze e progettualità che coinvolgano quante più persone possibile: «Da tutte queste esperienze – dice infatti Giorgio Menchini presidente Cospe in conclusione – è sempre più chiaro che la conversione agroecologica è una sfida che si vince solo mettendo al centro le persone. Sono le persone al centro di ogni cambiamento e rivoluzione, ci vuole coerenza, visione, coraggio. Solo così potremo realizzare quell’utopia di cui parlava Alex Langer e che ispira ancora oggi le nostre azioni La Rete di associazioni che ha partecipato a questi incontri, nell’ambito del progetto Susy – Sustainable and solidarity economy​, è nata come una scommessa ma oggi è pronta a proseguire insieme con azioni concrete e percorsi comuni». Stay tuned.