L’elogio della crescita felice di Chicco Testa, contro l’integralismo ecologico

Le periodiche crisi economiche che attraversano con sempre maggiore frequenza le società moderne, quantomeno quelle occidentali, stanno contribuendo a spazzare via il mito fuorviante della de-crescita: la peggiore fase di contrazione del Pil nazionale la stiamo attraversando proprio in questi mesi a causa della pandemia da Covid-19, e non è per niente felice. Anzi: ci sta allontanando da tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dall’Onu, la bussola che ci siamo impegnati a seguire.

A questa lettura irrazionale della realtà – riassumibile nella rinuncia al progresso per “salvare il pianeta”, come se anche il genere umano non ne facesse parte – si contrappone diametralmente quella protagonista del volume Elogio della crescita felice. Contro l’integralismo ecologico, l’ultima fatica firmata da Chicco Testa e pubblicata da Marsilio.

Proseguendo sulla linea lanciata cinque anni fa con il libro Contro (la) natura, Testa offre un vademecum per difendersi dagli estremismi “dell’ecologismo radicale”, quello del no a tutto, sostenendo che il principale nemico dell’ambiente non è l’uomo ma la povertà. Primum vivere, deinde philosophari, direbbero gli antichi.

Cosa significa dunque “occuparsi di ambiente”? Testa risponde che significa «riuscire a preservare un equilibrio ecologico che consenta alla specie umana di crescere, riprodursi e raggiungere un benessere diffuso per il maggior numero di persone».

In quest’ottica l’arma più affilata che abbiamo a disposizione contro la crisi climatica ed ecologica che stiamo sperimentando è dunque la tecnologia. Un fatto difficilmente smentibile. Ma è utile ricordare che la crescita da sola non basta a produrre risultati sostenibili nel tempo, quantomeno se come “crescita” si intende semplicemente quella del Pil: la riscoperta dei limiti e non solo delle possibilità è sempre un esercizio salutare.

Per continuare a crescere occorre dunque prenderci collettivamente l’onere di scegliere cosa puntare a sviluppare – quali consumi, quali industrie – e cosa no. Investendo massicciamente in cultura, ricerca e sviluppo, che sono poi i motori in grado di aprirci sempre nuove strade di crescita, anche economica. Per resistere, nell’attesa, la parola d’ordine non può che essere una: redistribuire, perché la sostenibilità non è solo ambientale o economica, ma anche sociale.