Un percorso fatto di decarbonizzazione, economia circolare ed integrità degli ecosistemi

L’Italia (e l’Europa) alla sfida della transizione ecologica

Uno sguardo ai tre principi chiave su cui dovrebbe poggiare la nuova regolazione giuridica per raggiungere davvero l’obiettivo

Nel volgere di poco tempo il tema della transizione ecologica è venuto prepotentemente alla ribalta. Si tratta di un concetto che fino a poco tempo fa era quasi totalmente sconosciuto alla stragrande maggioranza degli europei e degli italiani. Negli ultimi anni, vi è stato in realtà qualche tentativo di mettere al centro della scena il tema della transizione ecologica, soprattutto in Francia ed in Spagna. Ma il merito di aver traghettato il tema della transizione ecologica da una cerchia di pochi specialisti al centro delle cronache politiche ed economiche è certamente da ascriversi alla Commissione europea presieduta da Ursula Von Der Leyen.

Già negli orientamenti politici dell’allora candidata presidente della Commissione, presentati nell’estate del 2019, veniva indicato tra le priorità da perseguire per la nuova Commissione europea nel periodo 2019-2024 il Green new deal, un grande ed ambizioso programma di rilancio dell’economia europea, finalizzato a promuovere la transizione ecologica (o transizione verde) dell’intero territorio europeo intorno ad alcuni obiettivi chiave, come ad esempio la decarbonizzazione, l’economia circolare ed il ripensamento dei modelli di produzione e consumo. Poche settimane dopo il suo insediamento, nel dicembre 2019, la Commissione europea lanciava ufficialmente il Green deal europeo. In tale contesto, la transizione ecologica (o transizione verde) veniva presentata come l’obiettivo di lungo termine da perseguire per un futuro più sostenibile in tutta l’Unione europea.

Ma la vera svolta si è avuta soltanto tra la primavera e l’estate del 2020, come conseguenza della risposta europea alla grave crisi economica causata dalle restrizioni imposte alla produzione e al consumo dalla crisi sanitaria causata dalla pandemia del Covid-19. Per rilanciare l’economia europea così duramente colpita dagli effetti del Covid-19, la Commissione europea ha infatti proposto un complesso e variegato pacchetto di misure di sostegno, denominato Next Generation EU, con una dotazione di 750 miliardi di euro.

Nel contesto del pacchetto Next Generation EU, lo strumento più significativo è rappresentato dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and resilience facility), comunemente indicato semplicemente come Recovery fund. Tale strumento costituisce il piano di rilancio e di resilienza pensato dall’Unione europea per dare un nuovo impulso all’economia dei paesi membri così duramente colpita dalla crisi.

Ma qual è il collegamento esistente tra gli obiettivi del Green deal europeo e la scommessa europea di promuovere la transizione ecologica attraverso il Recovery fund? La risposta sta nella proposta avanzata dalla Commissione europea, ed approvata dalle altre istituzioni e dagli Stati membri, di utilizzare l’occasione fornita dai fondi straordinari stanziati nell’ambito del Recovery fund, e più in generale del pacchetto Next Generation EU, per accelerare la transizione ecologica, destinando ai progetti inerenti a tale settore ben il 37% delle risorse totali disponibili.

Ciò significa che oltre 1/3 delle risorse complessivamente mobilitate dal Recovery fund andranno a sostenere progetti finalizzati alla transizione ecologica. Per questo motivo, la transizione ecologica è diventata in pochi mesi il punto di riferimento non solo delle politiche europee, ma anche di quelle di tutti gli Stati membri. Questi ultimi, infatti, che per ottenere i fondi europei, sotto forma in parte di contributi a fondo perduto ed in parte di prestiti a tasso agevolato, dovranno mettere in piedi progetti finalizzati a contribuire alla transizione ecologica. Tutte le altre priorità previste nell’ambito del Recovery fund, e più in generale nel pacchetto Next Generation EU, avranno quote di risorse molto inferiori, con la sola limitata eccezione dei fondi destinati all’altra grande transizione promossa dalla Commissione europea, vale a dire la transizione digitale, alla quale saranno destinati il 20% dei fondi complessivi, pari quindi a circa 1/5 del totale.

Ma cos’è la transizione ecologica e che cosa comporta? La questione è ovviamente di grande attualità, considerando anche che gli Stati membri dell’unione europea sono chiamati entro fine aprile 2021 a presentare i loro Piani nazionali di ripresa e resilienza, i cosiddetti Pnrr, nei quali dovranno essere indicate le politiche e le azioni nazionali previste per l’impiego dei fondi messi loro a disposizione dal Recovery fund. Il tema della transizione ecologica è ovviamente molto complesso e la sua piena comprensione necessiterebbe di una pluralità di punti di vista, in grado di metterne in luce le diverse sfaccettature. È possibile però, a mio avviso evidenziare tre pilastri fondamentali su cui dovrà necessariamente poggiare la transizione ecologica.

Il primo pilastro è quello della decarbonizzazione. Questo consiste nella revisione e riconversione delle economie europee, che dovranno cercare di mantenere, e possibilmente incrementare, il benessere collettivo riducendo allo stesso tempo drasticamente le emissioni in atmosfera. Ciò comporta la necessità di ripensare tutti i settori che compongono le nostre economie moderne, a partire da quello industriale e da quello agroalimentare, passando da quello energetico, da quello dei trasporti, da quello delle costruzioni, nonché da quello dei servizi. In tal senso, la decarbonizzazione dell’economia potrà contribuire alla riduzione delle emissioni perseguendo allo stesso tempo modelli di sviluppo sostenibile progettati e realizzati nel pieno rispetto degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, i cosiddetti Sustainable development goals (Sdgs), e degli obiettivi in materia di lotta contro i cambiamenti climatici previsti dall’Accordo di Parigi.

Il secondo pilastro è quello dell’economia circolare. Questo implica il passaggio da un vecchio paradigma economico basato su un modello di economia lineare ad un nuovo paradigma basato su un modello di economia circolare. In tal senso, dovrà essere gradualmente sostituito il modello di sviluppo economico tradizionale basato sul percorso “estrazione – uso – rifiuto” con un modello di circolarità volto a massimizzare il riutilizzo delle risorse promuovendo un nuovo percorso di “estrazione – uso – recupero”, riducendo al minimo gli scarti. Tale nuovo modello di sviluppo, una volta a regime, dovrebbe tendenzialmente sostituire quasi completamente l’estrazione di nuove risorse con il riuso ed il riutilizzo dei materiali di scarto come materie prime secondarie. In linea più generale, l’adozione di un nuovo modello di economia circolare dovrebbe consentire di raggiungere l’obiettivo di dissociare la crescita economica dallo sfruttamento delle risorse, in un’ottica di vero e genuino sviluppo sostenibile.

Il terzo pilastro è quello della protezione dell’integrità degli ecosistemi. Questo riguarda la necessità di introdurre un nuovo approccio alla protezione ambientale, che dovrebbe abbandonare la vecchia logica della tutela dell’ambiente legata al controllo delle esternalità negative causate dei processi di sviluppo economico per passare ad un nuovo approccio che mette al centro della scena l’obiettivo di garantire la tutela dell’integrità degli ecosistemi. Secondo tale nuovo approccio gli interessi umani non devono essere perseguiti in modo dissociato rispetto agli interessi legati alla tutela degli ecosistemi. È necessario invece adottare una nuova visione di riferimento secondo la quale gli esseri umani sono parte integrante degli ecosistemi e la protezione di questi ultimi deve essere prioritaria nella nostra società, in quanto essi costituiscono la base per ogni forma di vita sul Pianeta. Questo comporta la necessità di un deciso cambio del paradigma culturale sul quale si deve innestare la protezione degli ecosistemi, che deve partire dalla base normativa ed istituzionale di protezione ambientale già esistente, senza ridurla o smantellarla, ma al contrario rafforzandola e migliorandola, per raggiungere livelli ancora migliori di tutela degli ecosistemi. In tale contesto, la tutela degli ecosistemi deve diventare un prerequisito per la definizione e l’attuazione del nuovo paradigma di sviluppo economico improntato alla decarbonizzazione ed alla promozione dell’economia circolare, nell’ottica del perseguimento della transizione ecologica.

Nell’ambito del terzo pilastro, quello dedicato alla protezione dell’integrità degli ecosistemi, è importante e decisivo che venga adeguatamente considerata e valorizzata la dimensione della regolazione giuridica a sostegno della transizione ecologica. In tale contesto, risulta infatti assolutamente necessario che la transizione sia accompagnata da un idoneo sistema di regolamentazione, basato sulla rivalutazione e revisione dell’attuale impianto normativo ed istituzionale finalizzato allo sviluppo economico, ripensato nell’ottica della transizione ecologica.

In tal senso, a mio avviso, possono essere individuati tre elementi chiave su cui dovrebbe poggiare la regolazione giuridica a sostegno della transizione ecologica: il principio di non causare danno all’ambiente ed agli ecosistemi (no harm principle), il principio di non regressione (no regression principle) ed il principio della sostenibilità ecologica (ecological sustainability principle).

Il primo principio è esplicitamente menzionato nel progetto del Green deal europeo, il quale però non ne fornisce una definizione di riferimento. Tale principio prevede che tutte le politiche e le azioni intraprese dall’Unione europea dovrebbero fornire una garanzia che non contribuiranno in alcun modo a danneggiare l’ambiente e gli ecosistemi naturali.

Il secondo principio proibisce l’adozione di normative che abbiano l’effetto di far regredire il livello di protezione ambientale previsto dalla precedente normativa. In tal modo, nell’adozione di future normative e nella revisione di quelle esistenti, le autorità dovrebbero rispettare il vincolo di mantenere come minimo il livello di protezione già accordato dalle normative preesistenti, prevedendo possibilmente un tendenziale incremento nel tempo del livello di protezione dell’ambiente o degli ecosistemi.

Il terzo principio è finalizzato al riconoscimento dell’obiettivo prioritario della tutela della salute e dell’integrità degli ecosistemi. Sulla base del principio della sostenibilità ecologica, la tutela della salute e dell’integrità degli ecosistemi deve essere considerata come il prerequisito su cui dovrebbe poggiare un nuovo sistema di regolazione giuridica finalizzato alla promozione di modelli di sviluppo sostenibile, finalizzati al perseguimento della transizione ecologica.

In conclusione, è possibile a mio avviso sostenere che in assenza di un nuovo sistema di regolazione giuridica imperniato su questi tre principi, che accompagni la sfida economica e tecnologica, qualsiasi tentativo di realizzare una vera e duratura transizione ecologica potrebbe rivelarsi uno sforzo fragile ed effimero. La transizione ecologica rappresenta allo stesso tempo una grande sfida ed una grande opportunità. L’attuale generazione ha la responsabilità di coglierla per il nostro futuro benessere comune.