Passare dalla quantità alla qualità, l’impegno della nostra generazione

Non si può crescere senza cambiare. Essenziale il contributo della green economy

Che a più quantità prodotta e consumata corrispondesse più qualità della vita è stato un equivoco che abbiamo fatto durare troppo a lungo. La crisi è anche, forse soprattutto, figlia dei limiti di questa idea inadeguata di sviluppo. Il fatto che l’indicatore che teniamo sotto controllo per capire se stiamo uscendo o meno dalla recessione continui ad essere il Prodotto interno lordo dimostra in modo chiaro come il modello che abbiamo in testa non sia cambiato.

Non è, invece, possibile pensare di crescere senza cambiare. Eppure è convinzione comune che una buona strategia – soprattutto se non si hanno adeguate informazioni e se lo scenario appare confuso – sia quella di lasciare tutto come sta, di mantenere e difendere l’esistente. L’idea di fondo è che ciò che finora non è andato poi così male valga la pena essere conservato, per non rischiare di finire ancora peggio. Ma questa è solo una pia illusione in un mondo in accelerata trasformazione demografica, sociale ed economica.

In una realtà che muta sempre più velocemente, qualsiasi posizione raggiunta nasce già superata: chi rimane fermo si trova, nel migliore dei casi, a scivolare lentamente verso i margini. Una strategia, quindi, che può essere desiderabile solo per chi ha rinunciato a mettersi in sintonia con le opportunità del cambiamento e non sa fare di meglio che rallentare il più possibile la perdita delle posizioni raggiunte nel passato.

Rinunciare a crescere significa rassegarsi ad un futuro peggiore del presente. Porre le condizioni che consentono a chi verrà dopo di poter fare meglio e di più è invece l’impegno che dovrebbe avere ogni generazione nei confronti delle successive. Proprio sulla capacità di onorare questo impegno si può misurare il contributo dato al processo di sviluppo da ogni generazione, anziché sulla base di quanto è stato prodotto e consumato nel corso della propria vita.

Qualcosa della direzione da intraprendere lo abbiamo capito: è quella che più che all’aumento della quantità porta all’arricchimento del benessere in senso più generale. Un ben-essere in dialettica positiva con il ben fare – ovvero con la possibilità di vivere in un contesto che favorisca l’espressione delle proprie capacità – ma anche con il ben stare in relazione con gli altri. Ed ovviamente in rapporto virtuoso con il sistema naturale. Non a caso le riflessioni sul superamento di una lettura del benessere in chiave strettamente economicista nascono proprio dalla necessità di tener conto dell’impatto ambientale.

La riflessione scientifica su come produrre indicatori che possano aiutare a fare il salto di qualità rispetto al Pil è ancora in corso, ma alcuni risultati concreti sono stati prodotti. Uno dei più interessanti è il BES (Benessere equo e sostenibile) proposto da Istat e Cnel. Si tratta di una misura articolata in varie dimensioni, che vanno dalla salute alla sicurezza, dall’istruzione al lavoro, dalla politica alla qualità dei servizi, dalla ricerca e innovazione all’ambiente.

In particolare, la green economy è strategica perché legata a molte di queste dimensioni. I paesi destinati a creare maggior sviluppo nei prossimi decenni saranno proprio quelli che investiranno di più nell’innovazione verde. Da un lato è in forte aumento la sensibilità dei cittadini verso stili di vita e di consumo più eco-compatibili, dall’altro, come varie ricerche evidenziano, non solo la qualità della vita ma anche quella del lavoro sono positivamente legate all’economia sostenibile.

Lo sviluppo della green economy consente inoltre di aumentare le opportunità di occupazione delle nuove generazioni, rendendole protagoniste dell’innovazione sia nei settori tradizionali, come l’agricoltura, sia nei servizi, che nell’industria tecnologicamente più avanzata. Dove cresce l’economia verde, migliora la capacità delle persone di essere allo stesso tempo produttori e destinatari di benessere nella sua accezione più ampia.

Se la sfida del XXI secolo è quella del passare dalla crescita della quantità alla qualità della crescita, la green economy è senz’altro una delle risposte più importanti per vincerla.

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