Pillole di diritto per l’osservazione faunistica

Dietro l’obiettivo: cosa prevede la legge per la fruizione turistico-naturalistica nelle aree protette e non

Sempre più spesso sui social network sembra scatenarsi la gara all’avvistamento faunistico più importante, o allo scatto fotografico di specie animali da premio Pulitzer, o al fototrappolamento più inconsueto. La condotta non è assolutamente neutra dal punto di vista del diritto, anzi, e aiuta a discriminare quanto l’avvistamento della fauna possa ritenersi edificante, acculturante ed educativo.

In questo senso valga, richiamando i concetti del Wilderness Act (1964), che l’osservazione faunistica risponde a finalità educativo-ricreazionali. Giammai turistiche, posto che tale locuzione sembra più riferirsi allo svago e ad un mero settore dell’economia che mal si attagliano alla tranquillità della natura.

In questo senso l’osservazione può essere del tutto occasionale, cioè fortuita, nell’atto di una condotta legale e assolutamente neutra, come il camminare lungo un sentiero segnato e riconosciuto.

Diverso il caso in cui l’osservazione si accompagni a comportamenti che agevolano il contatto visivo con l’animale. E così nel caso in cui ci si appresti a lunghe attese, anche notturne. Ovvero si adoperino strumenti ottici o sistemi più complessi (termocamere, visori notturni). O anche nelle ipotesi in cui il comportamento di avvicinamento o di uscita allo scoperto dell’animale è agevolato o provocato (mediante richiami sonori, olfattivi, alimentari, ecc).

A questo punto l’attenzione del diritto sembra sfociare in una summa divisio, a seconda del caso in cui tale pretesa di osservazione venga dispiegata all’interno o all’esterno di un’area protetta.

All’interno di un’area protetta (in maniera sicuramente più definita se abbiamo a che fare con un parco nazionale), ferma la neutralità dell’osservazione occasionale lungo i sentieri stabiliti, ogni altra ipotesi di osservazione deve essere assentita. E ciò sia in ragione della regola generale secondo cui nel parco sono vietate tutte le attività che non siano espressamente consentite (dal piano per il parco e disciplinate dal regolamento) e sia in forza del divieto generalizzato di disturbo della fauna selvatica. La massima giuridica che ne discende sarà la seguente: «l’osservazione faunistica non occasionale, svolta al di fuori dei sentieri riconosciuti, o con sistemi di attrazione o provocazione della fauna selvatica deve ritenersi vietata se non espressamente consentita». La trasgressione ha normalmente conseguenze di carattere penale.

Posto, poi, che già la zona (A) di riserva integrale contempla la fruizione turistico-naturalistica a scopo educativo e ricreativo, deve ammettersi che la sede di disciplina dell’osservazione faunistica sarà il regolamento del parco. Ciò che viene in rilievo, ovviamente, è l’osservazione che traduce il contatto visivo con l’animale in una memoria diversa da quella biochimica della materia grigia dell’osservatore. Ergo, un buon regolamento, per quanto attiene alle riprese fotografiche, fonografiche e video-cinematografiche, dovrà prevedere e distinguere fra quelle eseguite esclusivamente per fini personali e dilettantistici o altre poste in essere a fini commerciali, editoriali e pubblicitari. Le prime dovranno essere libere e gratuite, le seconde quantomeno assoggettate a nulla osta. Il parco, ovviamente, può riservarsi la facoltà di stabilire una sorta di royalty per le seconde. Ed è corretto che il parco si riservi altresì il diritto di ricevere copia di qualsiasi ripresa fotografica, fonografica e video-cinematografica, a qualunque titolo eseguita – per i comprensibili fini di conoscenza e gestione della propria fauna di cui è tutore esclusivo e del proprio territorio di cui è custode in solido con altri.

Il regolamento, per l’ovvia facoltà di specificazione dei divieti di cui diviene sede, dovrà anche utilmente prevedere che in nessun caso sia consentito abbandonare i sentieri ufficiali, inseguire o disturbare la fauna selvatica, usare mezzi d’illuminazione, attrattivi o esche o richiami di sorta. L’eccezione, per eventuali attività di ricerca faunistica od altre istituzionali, condotte direttamente dall’ente parco o da altri soggetti espressamente autorizzati, deve ritenersi in re ipsa.

Posto, tuttavia, che l’osservazione faunistica può essere anche una risorsa confacente con gli scopi (educativi in primis) delle aree protette, e considerato che la rete sentieristica può essere insufficiente allo scopo, o anche per l’utile esperimento di altre modalità, sarà opportuno prevedere altresì che l’ente parco stabilisca luoghi o aree specifiche, nonché le modalità dell’osservazione naturalistica di specie animali. Una disposizione di tal contenuto consente la costruzione di un sistema apposito di osservazione faunistica che può prevedere l’abbandono dei sentieri, la costruzione di strutture apposite e, ove ecologicamente sostenibile, anche l’eventuale richiamo a mezzo di attrattivi (ad esempio sonori). Il tutto, in tal modo, possibile in quanto consentito e disciplinato dal parco.

La nota dolente è rappresentata dall’impiego delle foto-videotrappole. Inutile rimarcare che l’uso delle stesse, per la captazione occulta e agevolata (per l’assenza dell’operatore umano) di immagini, consente di acquisire dati faunistici “sensibili”.

A prescindere da quanto stabilito per la tutela della privacy delle persone, l’assoluta ignoranza circa il potenziale acquisitore di tali dati e, così, in ordine alla loro diffusione o al loro impiego, ne consiglia la specificazione di un apposito divieto. Dunque sarà corretto stabilire che l’impiego di foto-videotrappole, qualora estraneo ad attività già assentite di studio, promozione o ricerca scientifica, è soggetto a preventivo nulla osta dell’ente parco. Non un divieto generalizzato ed indiscriminato, ma la previsione di un controllo sul chi, dove, come e perché. Idem per i droni.

All’esterno delle aree protette vi è un quasi totale vuoto legislativo. Sia che s’intenda tutelare la fauna selvatica da possibili attività di disturbo discendenti dall’osservazione faunistica, sia che si voglia stabilire regole certe di legalità per rassicurare il comportamento dell’osservatore.

La legge 157/1992 – formalmente la legge sulla protezione della fauna selvatica omeoterma, sostanzialmente una delle peggiori legislazioni venatorie immaginabili – non si occupa del caso. Lo fanno, tuttavia, alcuni legislatori regionali con la fattispecie sanzionatoria amministrativa del generico disturbo arrecato alla fauna selvatica. La carenza di tassatività delle fattispecie rende incerti i confini di operatività, abbandonati alla solerzia o allo spirito repressivo dell’accertatore, nonché alla eventuale discrezionalità del giudicante.

La legge 157/1992, in ogni caso, vieta “ a chiunque” l’impiego di esche, nonché di richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico: anche per il semplice birdwatching ciò deve ritenersi valido (e sanzionabile).

Allo stesso modo, il concetto dell’atteggiamento venatorio è stato così dilatato dalla giurisprudenza per cui ogni comportamento di ricerca od attrazione della fauna selvatica potrebbe esservi ascritto, salvo poi in sede processuale smentire l’accusa della finalità di abbattimento o di prelievo.

Ancora, è un’ipotesi limite, ma senz’altro un forte condizionamento degli animali, operato per mezzo di attrattivi et similia, potrebbe configurare il reato del maltrattamento cui all’art. 544 ter c.p. (comportamenti insopportabili per le caratteristiche ecologiche, somministrazione di sostanze stupefacenti ovvero sottoposizione a trattamenti che procurano un danno alla salute).

Resta anche il problema dell’accesso alla proprietà privata, stante il limite imposto dall’art. 842 c.c., o anche il rispetto della normativa edilizia nel caso in cui si intendano apporre strutture stabilmente ancorate al suolo.

A metà del guado, occorre verificare che alcuni comportamenti dell’osservazione faunistica non siano vietati dalle cautele previste nelle misure di conservazione di Sic e Zps.

Infine, ma la prescrizione riguarda solo aree determinate, alcune forme di attrattivi (come ad esempio i carnai, che si prestano facilmente all’avvelenamento da parte di non rari criminali) devono ritenersi vietati in forza delle prescrizioni implicite recate dal Piano di azione per la tutela dell’orso marsicano (correttamente definibile una sorta di “accordo di programma”, comunque un atto avente natura negoziale e pattizia tra le amministrazioni ed i soggetti privati coinvolti) e dal Piano d’azione nazionale per la conservazione del lupo (avente valore di soft law e così trascrivibile quale Best available techniques ove applicato in contesto di amministrazione attiva).

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