Sfollati dello sviluppo, lettera aperta alla Banca Mondiale: «Rimediate al vostro disastro»

Oggi El Pais pubblica l’impressionante reportage “Atrapados por el desarrollo” che fa parte della più grande inchiesta  sulla Banca Mondiale Deplazados en nombre del progreso, ralizzato in collaborazione con l’ International Consortium of Investigative Journalists – Center for Public Integrity, dal quale emerge che«In Kenia, Nigeria, Perú, Brasile, India… In tutti i caso, e in tutto il pianeta, i progetti della Banca Mondiale per mitigare la povertà hanno danneggiato milioni di coloro che dovevano aiutare: i più svantaggiati».

E’ lo stesso tema affrontato da una lettera  aperta inviata da 85 Ong e da esperti indipendenti di 37 Paesi  al presidente della Banca Mondiale Yong Kim, nella quale viene sottolineato che «Il Piano di azione della Banca Mondiale, che risponde ad un esame interno sulle pratiche della Banca Mondiale in materia di re-installazione non colma le gravi lacune constatate da questo esame».

Il 4 marzo la Banca Modiale (BM) ha pubblicato le prime due parti del suo Involuntary Resettlement Portfolio Review, per il periodo maggio  2012 giugno 2014, ed un Piano di azione. La stessa analisi conclude che «delle lacune importanti in materia di informazione indicano che ci sono della lacune potenzialmente importanti nel sistema della Banca nella gestone del reinsediamento» e che queste falle colpiscono le persone più marginalizzate ed in particolare i popoli autoctoni e le donne. Lo stesso Kim ha riconosciuto che «Le conclusioni di questo esame provocano una profonda inquietudine» ed ha proposto un Pisano di azione per affrontare la situazione paradossale di finanziamenti per lo sviluppo che impoveriscono intere popolazioni e le cacciano dalle  terre dove hanno sempre vissuto.

Secondo Jessica Evans, che si occupa di istituzioni finanziarie internazionali per Human Rights Watch, «L’esame effettuato dalla Banca Mondiale sulle sue politiche in materia di reinsediamento ha rivelato gravi lacune. Le comunità contrarie a lasciare campo libero ai progetti finanziati dalla Banca Mondiale hanno subito gravi danni, ma un piano per identificare le persone danneggiate e per rettificare le cose è totalmente assente nella risposta della Banca».

Il 17 e 18 aprile la Banca Mondiale tiene le sue riunioni di primavera a Washington ed i ministri delle finanze e dello sviluppo di tutto il mondo si ritrovano per discutere dei piani di azione della BM che dovrebbero servire a raggiungere gli obiettivi dichiarati di eradicare la povertà estrema entro  2030 e favorire una prosperità condivisa.  Le 85 Ong chiedono ai ministri di chiedere a Kim di consultare esperti indipendenti per redigere il suo Piano di azione e per elaborare una risposta globale a quanto è venuto fuori dall’indagine interna.

La coalizione delle Ong accusa la Banca Mondiale di aver omesso per due anni di rendere pubblica la prima fase dell’inchiesta e per 8 mesi la seconda fase ed aggiunge che «Il ritardo nella pubblicazione di questi rapporti è stato particolarmente problematico, per il fatto che avvenuto solo dopo la chiusura del periodo di consultazione per il nuovo Environmental and Social Framework proposto dalla  Banca. Le conclusioni dell’analisi avrebbero avuto un’incidenza maggiore sulle consultazioni se fossero state pubblicate una volta concluse».

Il Piano di azione BM si basa principalmente sul nuovo quadro di lavoro proposto, ma anche questo è pieno di lacune legate alle conclusioni dell’indagine, «In particolare – dicono i firmatari della lettera a Kim –  ci sono delle debolezze nelle esigenze della “diligenza ragionevole”, nel controllo e nella valutazione della Banca ed un rinvio generale della responsabilità per gli imprenditori per quel che riguarda la gestione del reinsediamento».

L’indagine della BM rivela che negli ultimi 20 anni si è assistito ad un rapido aumento del numero di progetti finanziati della Banca che hanno comportato lo spostamento di intere popolazioni: si è passati dall’8% dei progetti del 1993 al 29% nel 2009 ed al 41% per i nuovi progetti in corso. La Banca Mondiale ha una politica di re-installazione che punta a indennizzare e ricollocare le famiglie e le comunità sfollate a causa dei suoi progetti, ma, nella maggioranza dei casi, la BM ha omesso di controllare quale sia stato il reale destino delle persone che hanno perso le loro case, le loro terre ed i loro mezzi di sussistenza, senza parlare poi del mancato controllo che la situazione degli sfollati non si aggravi, come invece promettono gli impegni della BM.

L’indagine interna della Banca Mondiale fornisce cifre inequivocabili: nel  1985 gli sfollati dello sviluppo erano 750.000, nel 1993 sono saliti a 2,5 milioni e nel 2014 non se ne conosce nemmeno il numero, perche solo 204  dei 707 progetti della BM attivi hanno fornito i dai richiesti. comunque, per questi 204 progetti sono state sloggiati 3 milioni di persone. Quello che si sa è che solo una minoranza di progetti ha usufruito di un’organizzazione per la re-installazione, ma anche per più della metà di questi casi le informazioni sono insufficienti per capire se le persone colpite hanno davvero potuto usufruire di mezzi di sussistenza ed alloggi adeguati, cose che costituirebbero le esigenze centrali della politica di reinsediamento della BM.  Inoltre l’analisi interna ha rivelato che in circa la metà dei casi studiati non sarebbe stato messo in opera nessun meccanismo per tener conto delle proteste, osservazioni e denunce  delle persone colpite, una delle esigenze di base della politica di reinsediamento.

Secondo David Pred, direttore generale di Inclusive Development International «Questi audits rivelano una cultura d’ignoranza sistematica riguardo alle politiche della Banca Mondiale da parte del personale e dei responsabili, che potrebbe aver davvero impoverito milioni di persone. Bisogna che rendano conto di queste gravi negligenze».

Le Ong dicono che  «Il Piano di azione della Banca dovrebbe comportare, come un elemento centrale, un processo che permetta di identificare e di indennizzare gli individui e le comunità la cui situazione si è aggravata in seguito ai progetti della Banca Mondiale. La Banca dovrebbe preparare una serie di nuovi progetti sovvenzionati che portino delle vere opportunità di sviluppo sostenibile alle famiglie sfollate».

Kate Geary, un’esperta di diritto fondiario di Oxfam, conclude: «Il doppio obiettivo della Banca Mondiale non può essere raggiunto mentre le sue stesse pratiche in materia di reinsediamento impoveriscono le comunità. Adesso che la Banca ha finalmente reso pubblica la sua valutazione sulle falle nella politica di reinsediamento, deve fare tutto quel che è in suo potere per riparare i danni causati».