[18/10/2007] Aria

In Germania arrivano al pettine i nodi della CO2 capture and storage

LIVORNO. Il progetto CO2Sink per cattura e stoccaggio di carbonio, realizzato a Ketzin, vicino a Berlino, realizzato da un consorzio di enti di ricerca di aziende e centri di ricerca di 9 Paesi europei coordinato dalla GeoForschungsZentrum (Gfz) di Potsdam, coinvolge grandi aziende come Shell, Statoil, RWE, E.ON et Vattenfall, l’Unione europea, la Germania ed ha un costo tra i 30 e i 35 milioni di euro. Un progetto di questa portata ed ambizione non poteva che sollevare speranze e perplessità che sono puntualmente emerse in vista della fase cruciale.

Inizialmente, l’equipe di ricercatori europei avevano perforato il suolo per raggiungere una falda d‘acqua sotterranea ad 800 metri di profondità, per poi estrarre l’acqua salata ed iniettare 60 mila tonnellate di CO2 nei prossimi due anni. L’obiettivo è quello di sviluppare ed ottimizzare strumenti di sorveglianza sul comportamento della CO2 stoccato sotto terra e di capire se questo può essere fatto in maniera sostenibile e senza rischi per l’ambiente e per le persone.

La Germania è particolarmente interessata (come l’intera Ue) alle tecniche di “CO2 capture and storage (Ccs)” perché il carbone è una delle sue principali fonti di energia e, dopo l’abbandono del nucleare, il governo tedesco, secondo gli ambientalisti del Bund, prevede la costruzione di almeno 28 nuove centrali a carbone e ha necessità di trovare tecnologie di ”carbone pulito” se vuole rispettare il limite ambizioso, fissato dalla stessa cancelliera Merkel di una riduzione delle emissioni tedesche del 40% entro il 2020. «Ricordiamo - dice il Bund - che il gigante energetico tedesco Rwe produce da solo 127 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, che ne fanno il più grande emettitore europeo».

«Lo stoccaggio di questo gas serra - spiega a Novethic Rolf Emmermann, che dirige il Gfz - può essere un’opzione per guadagnare tempo e sviluppare tecnologie senza CO2. Per questo dobbiamo chiarire più punti: le reazioni che scattano con lo stoccaggio sotterraneo di CO2 e le conseguenze a medio e lungo termine. E’ precisamente quel che noi vogliamo esaminare nel quadro del nostro progetto». Per questo il sito tedesco è stato attrezzato con una serie di sensori per verificare se lo stoccaggio è davvero perenne.

Ma le spiegazioni di Emmermann non convincono Werner Neumann, del Bund: «La tecnologia di Ccs non è provata per nessuna delle nuove centrali. Ed equipaggiare ulteriormente quelle centrali con questa tecnologia si dimostra troppo costoso e tecnicamente difficile». Per l’esponente ambientalista «il carbone pulito non esiste. Se i fornitori di energia evocano volentieri il potenziale della tecnologia Ccs. È in primo luogo per darsi un’immagine pulita».

Una tesi condivisa anche da Gabriela von Goerne, di Greenpeace: «non si può parlare di centrali a carbone senza CO2. Il nome induce scientemente in errore. Perché, invece di ridurre le emissioni, la nuova tecnologia., al contrario, ne produce di più: la cattura di CO2 nelle fabbriche fortemente emettitrici è a forte domanda di energia e provoca ancora di più consumo di carbone».

Eppure due operazioni di sequestro industriale di CO2 funzionano già in campi petroliferi in Norvegia ed in Canada, mentre in Francia ricerche di questo tipo sono portate avanti da industrie del calibro di Total, Gaz de France, Alstom, Air Liquide, Arcelor e da organismi di ricerca, mentre in Italia si stanno valutando siti di stoccaggio nel mar Tirreno e nel deposito carbonifero profondo di Ribolla (Gr) e iniziative sono in corso in Spagna.

Ma in Germania (ed anche in Italia, diverse associazioni ambientaliste) Bund, Greenpeace e Germanwatch, un’associazione che si occupa di riscaldamento climatico, sollevano molti problemi sull’efficacia - CO2 capture and storage - e sulla sua sicurezza per l‘ambiente e la salute per i rischi di fuga di gas e dei trasporti di CO2. Ma le perplessità sono soprattutto sul modello energetico che la Ccs sottintende con l’argomentazione della tecnologia provvisoria fino a che le energie rinnovabili non saranno in grado di coprire i bisogni di energia. «La Ccs - dicono le tre associazioni ambientaliste tedesche - permette di proseguire la produzione di energia a carbone e ritarda ancora l’espansione delle energie rinnovabili. In più il costo di ogni tonnellata di CO2 stoccata è valutata tra i 40 e i 60 euro, mentre i fornitori di energia da carbone si sono visti allocare quote di emissioni di CO2 gratuite che offrono loro un margine di manovra supplementare».

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