[25/10/2007] Comunicati

E intanto un dipietrino salva la Stretto di Messina spa

LIVORNO. Appena terminata la querelle con il collega di governo Clemente Mastella, il ministro Antonio Di Pietro è di nuovo oggetto di strali. Ad attaccarlo oggi (e non è la prima volta) Legambiente e gran parte delle forze di maggioranza. A partire da Verdi e Comunisti italiani. Grazie al voto contrario di un senatore del suo partito la maggioranza è stata infatti stamani battuta al Senato su due provvedimenti: l’abolizione della società Stretto Messina spa e la scuola superiore di pubblica amministrazione.

Sulla chiusura della società per la progettazione del ponte sullo stretto di Messina Italia dei valori ha votato infatti insieme alla Cdl, tranne la senatrice Franca Rame che non ha rispettato l´indicazione del suo capogruppo Nello Formisano e ha votato sì all´emendamento. Con 145 voti favorevoli, 160 contrari e 6 astenuti, la maggioranza ha perso in aula ed è stato così respinto il provvedimento sullo scioglimento della società stretto di Messina. E la reazione di coloro che stavano aspettando questo provvedimento per ritenere definitivamente chiusa la partita del ponte sullo stretto, non si è fatta certo attendere.

«Non stupisce che a far scivolare la maggioranza siano stati i senatori del ministro Di Pietro che, come il suo predecessore Lunardi, ha spesso lavorato con l’obiettivo di riempire il paese di grandi opere inutili anziché dotarlo delle infrastrutture davvero necessarie che, al sud in particolare, si aspettano da decenni». Ha commentato Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente, il voto contrario dell’Italia dei Valori che ha respinto l’emendamento.

«Di Pietro deve farsene una ragione- ha continuato Della Seta- l’Italia, ma soprattutto la Sicilia che ha ancora l’85% delle ferrovie a binario unico e il 50% della rete non elettrificata, di tutto ha bisogno fuorché del ponte. Quindi la stretto di Messina Spa, che in questi anni ha già fagocitato decine di milioni di euro provenienti dalle tasche dei cittadini, non ha alcuna ragione di esistere. In un paese normale, questo sarebbe sufficiente a farla chiudere una volta per tutte».

Dello stesso avviso anche il capogruppo dei verdi alla Camera Angelo Bonelli: «E´ incredibile – ha detto - che, colui che ha fatto della battaglia per la moralizzazione del paese una bandiera, voglia mantenere integro il carrozzone di 83 dipendenti e 13 dirigenti che dissipa ogni anno decine di milioni di euro per non fare nulla».

E la senatrice Anna Donati ha colto l’occasione anche per richiamare il governo alla coerenza del programma e le decisioni già assunte dalla coalizione dell´Unione, di cui «la chiusura di una società, nata per realizzare un progetto che il governo ha scelto di non realizzare» è un atto conseguente.
Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, ha usato toni ancora più accesi : «Che vergogna!- ha dichiarato- Ora gli italiani sanno chi vuole continuare a sprecare danaro pubblico. Compresi quanti parlano ogni giorno, evidentemente a vanvera, di questione morale».

L’unico ad usare parole di ringraziamento (oltre all’opposizione che vede in questo atto un ulteriore passo per la caduta del governo Prodi) è stato il governatore della Sicilia Totò Cuffaro che ha dichiarato : «Devo prendere atto che Di Pietro è un uomo d´onore e ha mantenuto l´impegno che aveva preso con la regione Sicilia» compiacendosi del fatto che la partita non è ancora del tutto chiusa. Crisi di governo permettendo.

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