[29/10/2007] Recensioni

La Recensione. La teoria dei bisogni in Marx di Agnes Heller

LIVORNO. In un mondo dove la mercificazione la fa da padrona e la crescita (misurata ossessivamente dal Pil) è l’unico obiettivo da perseguire sempre e comunque, si può tornare a parlare di Marx e della sua teoria dei bisogni? Certo non è facile e ci vuole anche una buona dose di coraggio a partire dal fatto che oggi quel bisogno di comunismo sostenuto sul finire dell’Ottocento appare più lontano che mai. Circoscrivendo – per quanto possibile – la questione al solo rapporto tra bisogni e sostenibilità ambientale e sociale, l’ormai datata opera saggistica di Agnes Heller “La teoria dei bisogni in Marx, 1974” ancora in qualche modo ci parla.

E che cosa dice? Innanzitutto il filosofo tedesco sostiene che “la società, quale appare all’economista, è la società civile, in cui ogni individuo è un insieme di bisogni”. E per Marx – ci ricorda la Heller – la riduzione del concetto di bisogno al bisogno economico è una espressione dell’estraniazione (capitalistica) dei bisogni, in una società in cui il fine della produzione non è la soddisfazione dei bisogni, ma la valorizzazione del capitale. Inoltre ritiene la “capacità di consumare” come fonte dei bisogni della società capitalistica e distingue i bisogni “prodotti dalla società” dai bisogni “naturali”.

Ma come si possono distinguere? Per Marx la necessità naturale nella sua forma immediata è scomparsa, perché al bisogno naturale è subentrato un bisogno storicamente prodotto. Che però in quanto tale è prodotto appunto dalla storia è varia nel tempo dipendendo “in gran parte dal grado di incivilimento di un paese e fra l’altro anche, ed essenzialmente, dalle condizioni, e quindi anche dalle abitudini e dalle esigenze fra le quali e con le quali si è formata la classe di liberi lavoratori”. Una definizione di Marx di beni non necessari è quella del lusso che per lui “è l’esatto opposto di naturalmente necessario”, mentre i bisogni necessari “sono quelli dell’individuo ridotto esso stesso a soggetto naturale”. Per capire la genesi del bisogno la Heller spiega che secondo Marx “il bisogno si riferisce sempre a qualche oggetto materiale o ad una attività concreta. Gli oggetti ‘fanno esistere’ i bisogni e viceversa i bisogni gli oggetti. Il bisogno e il suo oggetto sono ‘momenti’, ‘lati’ di uno stesso insieme. Se non analizziamo un modello statico ma la dinamica di un ‘corpo sociale’, allora il primato spetta al momento della produzione: è la produzione che crea nuovi bisogni. Certamente anche la produzione che crea nuovi bisogni è in correlazione con quelli già presenti: La diversa configurazione della vita materiale è naturalmente dipendente, volta per volta, dai bisogni già sviluppati, e tanto la produzione quanto il soddisfacimento di questi bisogni sono essi stessi un processo storico”.

Dunque appurato e accettato che sia la produzione e il plusvalore che generano i bisogni e considerato che questo ha come conseguenza un continuo aumento della produzione volta dunque a rispondere ad una domanda creata, diventa evidente come questo sistema – rapportato alle risorse finite della terra – diventi ambientalmente insostenibile, ma altresì anche socialmente. Perché per Marx questo processo si sarebbe dovuto concludere andando in crisi quasi per conto suo al momento della saturazione del mercato, e la vita quotidiana dell’uomo del futuro - in una società comunista – non sarebbe stata appunto costruita intorno al lavoro produttivo, ma anzi il lavoro produttivo sarebbe stato un posto subordinato. Immaginava infatti una società dove si lavorava di meno e con molto più tempo libero da impiegare per il soddisfacimento dei propri bisogni (individuali) radicali.

Così però non è. Dei bisogni radicali che avrebbero preso il posto dei bisogni creati dal capitale non ce ne è traccia. Anche la sinistra non mette più in dubbio il sistema capitalistico e quindi la strada della sostenibilità va cercata altrove. Perché come ha ben spiegato sulle pagine di greenreport l’economista Marco Missaglia “il dibattito sui rapporti fra economia ed ecologia oscilla fra due posizioni estreme: da un lato la posizione di coloro che attribuiscono al mercato, e in particolare alla sfrenata ricerca del profitto che del mercato è caratteristica definitoria, la responsabilità del degrado ambientale; dall’altro quella di chi ritiene che il mercato, proprio in quanto meccanismo potentissimo di risposta agli incentivi di profitto, sarà perfettamente in grado di produrre qualità ambientale nel momento in cui la domanda di questo stesso bene, come parrebbe accadere perlomeno nelle economie più avanzate, cominci a manifestarsi in modo sostenuto”.Va considerato però che cosa ha generato finora il mercato, ovvero che oggi nel mondo il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse e quel 20% è formato dai ricchi e l’80% da poveri. Ma per quanto possa sembrare contraddittorio per evitare di segare il ramo sul quale noi tutti stiamo seduti, bisogna che questo ramo abbia un valore d’uso. Che per il mercato conti. Per dirla con Marx c’è la necessità di nuovi bisogni che sostituiscano quelli attuali, bisogni che possiamo semplicisticamente definire di sostenibilità. Il bisogno di una economia ecologica insomma, che riorienti il mercato verso appunto la sostenibilità ambientale e sociale. Una società dove non sia il Pil – come detto in apertura di questo pezzo – a fare il bello e il cattivo tempo.

Una società dove non siano i consumi (acquisti) il motore dell’economia e in particolare gli acquisti a rate. Una società dove non sia solo il lusso il brand da esportare in Cina. Un’operazione dunque complessa visto che la società moderna non assomiglia per niente a quella che si augurava Marx (o quanto meno non ha raggiunto quel grado di maturazione) come dimostra – un esempio tra i mille esempi – lo studio realizzato da Medici Senza Frontiere (MSF) in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia che rileva come le principali edizioni dei telegiornali Rai e Mediaset abbiano dedicato, nei mesi di giugno, luglio e agosto, 21 notizie alle guerre e alle loro conseguenze sulla popolazione di cinque paesi dell’Africa subsahariana ovvero esattamente un terzo delle notizie - ben 63 - che sono state dedicate nello stesso periodo ai giorni trascorsi in carcere da Paris Hilton…Insomma, Dio è morto, Marx è ( quando va bene) una reliquia, La Hellerè diventata liberale, Adornato ( il suo prefatore) è di Forza Italia e chi scrive,quando è uscito questo libro, era appena nato ma.........mentre l´economia globale continua a produrre 40.000 bambini morti al giorno per fame è anche arrivata(come dice il rapporto Stern) a tagliare il ramo su cui è seduta proprio perché divenuta insostenibile.

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