[08/11/2007] Comunicati

Missaglia: «Governare il caro-petrolio per coglierne i benefici»

LIVORNO. La crescita del costo del petrolio pare inarrestabile. La quota dei 100 dollari a barile ormai è solo una questione di giorni, e solo nel corso del 2007 le quotazioni del greggio sul mercato di New York hanno segnato un rialzo complessivo superiore al 50%.
Una situazione che si fa sempre più cosmopolita e che dimostra che il mercato si può dematerializzare quanto si vuole, ma comunque resterà sempre agganciato ai flussi di materia e di energia.
Per provare a capire dal punto di vista ambientale e da quello sociale che cosa accadrà, abbiamo chiesto un parere a Marco Missaglia, professore associato di Economia dello sviluppo alla facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pavia.

Professor Missaglia, come si può leggere la situazione attuale a livello globale?
«Gli effetti sono di segno opposto, almeno per quanto riguarda la sostenibilità sociale e quella ambientale. Per quest’ultima infatti la crescita vertiginosa del petrolio potrebbero essere un buonissimo stimolo, cioè l’input produttivo per convincere le imprese a cercare alternative e quindi investire sulle fonti rinnovabili. Questa occasione però va governata e da questo punto di vista ci sono operazioni concrete e immediate da fare: attraverso le accise sui carburanti fossili i governi infatti beneficiano del rincaro del greggio e quindi sarebbe opportuno che questo maggiore incasso, che potremmo chiamarlo tesoretto, lo impiegassero per finanziare politiche di innovazione ambientale, premiando le imprese orientate anche attraverso la ricerca, a soluzioni più sostenibili».

Insomma, i governi dovrebbero avere il coraggio di riorientare ecologicamente l’economia?
«Sì, perché il potenziale vantaggio ambientale non è automatico: prima di tutto perché i processi produttivi cambiano lentamente e poi perché sinceramente non credo molto nella spontaneità dei mercati: hanno un potere enorme ma se non c’è un intervento politico l’unico risultato è l’aumento della bolletta petrolifera. E’ quindi importante governare la situazione perché questa contingenza può essere sfruttata da vari attori. Sicuramente da parte delle fonti rinnovabili, ma come dimostra anche il dibattito di questi giorni il rischio di ripresa del nucleare è altissimo. Partiti, forze associative, ambientalisti e tutti gli antinuclearisti devono far sentire forte la loro voce offrendo soluzioni alternative».

Questo a livello nazionale, ma a livello globale cosa si può fare?
«Purtroppo a livello globale non si capisce bene chi abbia potere sufficiente per prendere decisioni. Sul piano più teorico che concreto è innegabile che ci siano Paesi che beneficiano dell’aumento del prezzo del petrolio e quindi sarebbe auspicabile senza dubbio pensare a interventi compensativi. Chi li dovrebbe mettere in atto? Probabilmente la Banca mondiale molto più del Fondo monetario internazionale dovrebbe cercare di orientare gli aiuti con meccanismi cuscinetto per attutire le oscillazioni. Ma qui si entra nell’ambito della sostenibilità sociale».

Appunto. E dal punto di vista sociale il petrolio a 100 dollari al barile non è una buona notizia.
«Per la sostenibilità sociale sono molto pessimista. Quando cresce tanto il prezzo di una risorsa naturale questo fatto tende automaticamente ad avvantaggiare chi ne detiene il monopolio e nello stesso tempo a divaricare la distribuzione del reddito, perché la maggior parte delle persone non può difendersi dall’aumento del petrolio. Resiste e se ne avvantaggia conseguentemente chi invece può ritoccare i propri prezzi. Ed è evidente che anche questo tipo di cambiamento deve essere governato».

In che modo?
«Quando ci sono variazioni di prezzo così importanti, un governo serio dovrebbe fare un accordo con la grande distribuzione per calmierare i prezzi per un dato periodo. Questo per esempio è quello che si sarebbe dovuto fare anche in occasione del passaggio dalla lira all’euro».

E’ lecito pensare che questa rincorsa del greggio e la quasi contemporanea caduta del dollaro siano comunque fenomeni passeggeri?
«Le fluttuazioni ci saranno eccome. Ma quello che deve preoccupare è il trend. Il petrolio ha questa tendenza ormai da tempo ed è facilmente spiegabile: da una parte deriva dal fattore dell’offerta perché il petrolio non è risorsa infinita, dall’altra parte deriva dal fattore della domanda che invece è in crescita continua trascinata soprattutto da Cina e India. Le fluttuazioni quindi verranno, ma il trend di crescita resterà».

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