[13/11/2007] Urbanistica

Italia Paese in dissesto idrogeologico: 470mila frane in 5.596 comuni

ROMA. Le cifre del dissesto geologico italiano sono imponenti (5.596 su 8.101 i comuni italiani sono interessati da frane) e il rapporto sulle frane in Italia - realizzato dall’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat) - lo mette a fuoco su scala nazionale e regionale e conferma un quadro preoccupante e in gran parte noto di un Paese a rischio: sono state censite circa 470 mila frane in 20 mila km2, pari al 6,6% dell’intero territorio nazionale.

Il Commissario straordinario dell’Apat Giancarlo Viglione, nel presentare il Rapporto al ministro dell’ambiente, ha detto: «Credo fortemente nella comunicazione ambientale e grazie al progetto Iffi la nostra Agenzia ha reso immediato l’approccio dei cittadini verso le istituzioni. Con un semplice click è oggi possibile vedere la situazione delle frane nel proprio comune. Censire le 470.000 frane che interessano il territorio italiano e sapere che il 69% dei comuni è affetto da fenomeni franosi è un dato da comunicare con urgenza alle istituzioni».

«Un numero così elevato di fenomeni franosi – spiega l’Apat in una nota - è legato principalmente all’assetto morfologico del nostro paese, per circa il 75% costituito da territorio montano–collinare e alle caratteristiche meccaniche delle rocce affioranti. Non a caso, solo un mese fa, un crollo in roccia di 60.000 m3 si è staccato dalla Cima Una in Val Fiscalina, una delle località più turistiche dell’Alto Adige. Negli ultimi 50 anni le vittime per frana ammontano a 2.552, più di 4 vittime al mese».

Per Diego Tommasi, coordinatore nazionale ambiente e protezione civile della Conferenza Stato-regioni: «Il censimento del territorio è un insostituibile supporto di tutte le Amministrazioni, locali e nazionali, uno strumento per indirizzare al meglio le risorse. Il nostro Paese ricorda le tragedie solo dopo che sono accadute» ed ha fatto l’esempio della Calabria «caratterizzata da un contesto di dissesto idrogeologico, reso ancoro più difficile dai recenti e sempre più frequenti incendi che hanno aumentato il rischio frane su tutto il territorio italiano». Tommasi ha ribadito la disponibilità delle regioni a varare piani di supporto per il rischio idrogeologico.

Le cause che innescano più frequentemente le frane sono le precipitazioni brevi e intense o eccezionali e prolungate e le attività umane che destabilizzano sempre di più i versanti: tagli stradali, scavi, cattiva o assente pianificazione territoriale. L’espansione edilizia è avvenuta spesso in aree instabili ed ha prodotto un significativo aumento del rischio da frana.

«Le informazioni del Progetto Iffi – spiega Apat - incrociate con gli elementi a rischio (tessuto urbano, aree industriali e commerciali, infrastrutture lineari di comunicazione, ecc.) mediante l’utilizzo di tecnologie GIS, hanno permesso di classificare 4.530 comuni con livello di attenzione elevato e molto elevato per rischio da frana. Non tutte le frane, però, sono pericolose in ugual modo, sicuramente quelle con elevate velocità di movimento - quali i crolli e le colate rapide di fango e detrito- e quelle che coinvolgono ingenti volumi di roccia o terreno causano i danni più ingenti».

Ma le frane si fermano e si riattivano, spesso con tempi più lunghi di quelli umani, per questo è fondamentale un’attività conoscitiva come quella svolta dall’Iffi, di raccolta e archiviazione delle informazioni sulle frane, per permettere una corretta pianificazione territoriale, per individuare aree di nuova urbanizzazione, progettazione di nuove infrastrutture, limitazioni d’uso e vincoli,.

La cartografia, i documenti e le foto sono consultabili su www.sinanet.apat.it/progettoiffi e l’Apat ha anche stipulato un accordo con la direzione Teche RAI, che ha messo a disposizione più di 50 filmati su fenomeni franosi, che permettono di ricostruire meglio gli eventi del passato.

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