[16/11/2007] Energia
LIVORNO. L’affaire atomico iraniano si complica e sembra assumere pericolosi aspetti irakeni: mentre Stati Uniti, Francia e Israele premono per interventi decisi (fino all’attacco militare), il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica Aiea ha detto che l’Iran sta mantenendo le sue promesse in materia di cooperazione con l’Aiea, anche se non ha ancora risposto a tutta una serie di questioni chiave. Dopo le sue ispezioni l’Aiea esclude che l’Iran sia in grado di realizzare in tempi brevi un ordigno nucleare per prendere di mira gli alleati americani a corta e breve distanza.
Insomma, anche a Theran non si trovano tracce di armi di distruzione di massa e all’Aiea, sempre ben disposta verso lo sviluppo del nucleare civile, non rimane che dire che il governo degli Ajatollah sta facendo quello che hanno già fatto in grande stile americani e francesi: una centrale nucleare a fini energetici civili.
Il rapporto presentato del direttore generale dell’Aiea, il premio Nobel Mohamed ElBaradei, è stato accolto con grande favore da Russia e Cina, amici e difensori del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che a sua volta ha detto: «salutiamo il fatto che l’Aiea si è ripresa il suo ruolo – ha detto Ahmadinejad all’agenzia d’informazione statale Irna - e che, grazie al rapporto del capo dell’agenzia, il mondo vedrà il diritto (di sviluppare tecnologie nucleari civili ritorna all’iran, e che la nostra fermezza su questa questione è stata giusta».
Il vicepresidente dell´Organizzazione iraniana dell’energia atomica, atomique Mohammad Saïdi, ha convocato i giornalisti occidentali per dire che il rapporto presentato ieri dall’Aiea rende «illegittimi» ulteriori esami del dossier nucleare iraniano «Saremmo molto stupefatti se l’esam del programma nucleare iraniano proseguisse al consiglio di sicurezza dell’Onu, perché, tenuto conto del rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, un tale esame non si baserebbe semplicemente sulle norme del diritto internazionale».
L’Iran conta anche sulla presenza nel consiglio di sicurezza di Russia e Cina, pronte a mettere il veto, ed è proprio a questi due Paesi che si rivolge la candidata più accreditata a diventare il prossimo presidente Usa, la senatrice democratica Hillary Clinton «Abbiamo bisogno subito di appianare le tensioni, e in seguito di impedire all’Iran di diventare una potenza nucleare che rappresenterebbe un pericolo per tutti noi e, infine, di mobilitare il resto del mondo, in particolare la Cina ed i vicini dell’Iran nella regione».
La Clinton si è dichiarata contro la guerra in Iran, ma favorevole ad una «diplomazia aggressiva» contro la repubblica islamica. Per un altro esponente democratico, il presidente della commissione affari esteri del Senato Usa Joseph Biden «Bisogna evitare di far soffiare venti di guerra. Gli Stati Uniti hanno commesso un grave errore, che in più è interamente controproducente» iscrivendo le Guardie della rivoluzione islamica nella lista dei terroristi internazionali, «Il mondo musulmano – ha aggiunto – è ormai convinto che la guerra in Iraq è una guerra contro l’islam, e i prezzi del petrolio hanno conosciuto una nuova fiammata, sfiorando ormai i 100 dollari al barile».
Anche l’altro candidato a presidente, Barak Obama ha chiesto «l’avvio di una diplomazia coraggiosa» sul dossier nucleare irakeno, mentre John Edwards, da sempre contro l’interventismo americano in Medio Oriente, ha detto che «per noi è più importante arrestare Bush, Cheney e i neoconservatori. Questo film lo abbiamo già visto e ne conosciamo la fine».
Ma Bush e i suoi aspiranti successori sembra che avranno presto da preoccuparsi di un nuovo fronte nucleare che sta per aprirsi molto più vicino a loro, addirittura nello stesso continente americano. Il vulcanico presidente del Venezuela Hugo Chavez (buon amico di Ahmadinejad) sta facendo di tutto con i più ben disposti russi e cinesi per realizzare una centrale nucleare nel suo Paese. Il Venezuela galleggia sul petrolio, ha a disposizione immense risorse energetiche da fonti rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico) ha lanciato una campagna per diventare il secondo produttore di biocarburanti dell’America del sud dopo il Brasile, eppure vuole il nucleare… forse in questo caso, ancor più che in Iran, è fondato il sospetto che, un Paese che si sta già armando fino ai denti per rispondere alle minacce Usa, non lo faccia solo per scopi civili ma anche per soddisfare il sogno della bomba atomica “difensiva”, lo stesso che poco più a sud coltivano anche Brasile e Argentina.