[19/11/2007] Comunicati

L’insostenibile impronta ecologica dell’Europa (e dell’Italia)

ROMA. Nel suo rapporto Europa 2007 - Prodotto Interno Lordo e Impronta Ecologica, diffuso oggi a Bruxelles, il Wwf dà le cifre dell’impronta ecologica che pesa per il 16% sul mondo: 7,7% della popolazione umana e 9,5% della capacità biologica del pianeta. Dal 1971 noi europei incidiamo sempre meno sull´Impronta ecologica mondiale «soprattutto a causa dell´incremento della popolazione nel resto del Mondo – spiega il Wwf - Negli ultimi 30 anni le economie con tassi sempre in crescita dell´Unione Europea hanno raddoppiato la propria pressione sugli ecosistemi». Ma «la pressione sull´ambiente – si legge nel rapporto - nonostante gli avanzamenti tecnologici in questo campo, cresce ad un tasso superiore rispetto alla crescita della popolazione, creando così un deficit di risorse naturali per il resto del mondo e per le future generazioni».

Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia spiega che «solo una generazione fa, la maggior parte dell´Europa rappresentava un "creditore" ecologico perché utilizzava meno risorse di quante la natura ne rigenerasse. Oggi invece l´Europa vive al di sopra dei propri limiti. Se tutti i cittadini del mondo vivessero come un europeo, avremmo bisogno di 2,6 pianeti per avere sufficienti risorse per tutti e poter smaltire i rifiuti prodotti».

Il rapporto, mette a confronto le performance dei paesi dell´Ue dal 1971 in poi in tre settori: Crescita economica misurata tramite il Prodotto interno lordo (Pil); Pressione sull´ambiente misurata tramite l´Impronta ecologica; Sviluppo umano misurato tramite l´Indice di sviluppo umano dell´Onu. Nell´Ue sono ancora in credito ecologico solo Finlandia, Svezia e Lettonia che hanno a disposizione grandi risorse ambientali, ma anche lì cresce la pressione sull’ambiente.

Germania, Bulgaria e Lettonia hanno un’impronta ecologica 2 volte e mezzo superiore a quello che consentono le loro risorse naturali: un cittadino tedesco, per esempio, ha un´impronta ecologica doppia rispetto alla media mondiale.

La crescita economica in corso in Grecia l’ha portata ad avere il più alto tasso di crescita di impronta ecologica, mitigata da un modesto incremento dell´indice di sviluppo umano, una situazione simile a quella della Spagna. La Francia è nella media europea grazie allo sviluppo tecnologico che gli permette di far fronte alla richiesta di nuove risorse energetiche. Anche l’Italia, che non fa parte dei “casi di studio” (Francia, Germania, Romania, Spagna e Ungheria) presi direttamente in esame dal rapporto, ha un’impronta umana nel periodo 1980/2003 di 2,57/4,15, alta come la media dei Paesi sviluppati, consuma quindi molto più risorse di quel che si potrebbe permettere, mente il nostro indice di sviluppo umano nello stesso periodo è di 0,84/0,93.

L’impronta ecologica dei Paesi ex satelliti dell’Urss è calata dopo il 1991, con il cambiamento radicale delle loro economie pianificate basate sull’industria pesante, ma ora Stati come Ungheria, Slovacchia e Romania stanno recuperando celermente e la loro impronta si fa sempre più pesante e la sostenibilità post-sovietica rischia di diventare un ricordo momentaneo.

«E´ evidente – dice il Wwf - che l´impronta ecologica registra i dati di utilizzo delle risorse e non fornisce giudizi sulle forme di struttura economico-sociale che i diversi paesi si danno ma è altrettanto chiaro che percorsi moderni e concreti di sviluppo sostenibile, fatti di innovazione tecnologica mirati a ridurre gli impatti dei processi e dei prodotti, di politiche di efficienza, risparmio ed intelligente riduzione dei flussi di materia ed energia dei nostri metabolismi sociali conducono alla riduzione della nostra pressione sull´ambiente ed alla riduzione delle nostra impronta ecologica ed è questa la strada che si dovrebbe intraprendere al più presto».

«Quello che oggi consideriamo sviluppo – ha detto Emeka Anyaoku, presidente del Wwf internazionale - è cosa ben diversa da quello che il mondo e l´Europa si sono prefissati di perseguire, vale a dire uno sviluppo sostenibile. Questo perché le decisioni economiche di routine non tengono in alcun conto la spesa in capitale-natura. Gli indicatori economici sono fondamentali, ma senza una contabilità ecologica non consentono di misurare il deficit ecologico prodotto dalla nostra crescita economica. E´ come se spendessimo i nostri soldi senza capire che in realtà stiamo liquidando il capitale naturale del pianeta».

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