[20/11/2007] Comunicati

La svolta ambientalista e democratica dell’Asean sbatte sulla realtà

LIVORNO. I Paesi dell’Asean (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam) riunita a Singapore per il suo tredicesimo summit ha sottoscritto la “Carta dell’Asean” per «una visione, un’identità e una comunità» nella quale dice di essere «determinata ad assicurare lo sviluppo sostenibile in favore delle generazioni attuali e future ed a mettere il benessere e la qualità della vita dei popoli al centro del processo di stabilizzazione della comunità dell’Asean».

La Carta prevede uguali diritti ed obblighi per tutti i Paesi aderenti ed esige che sia assicurato «lo sviluppo sostenibile delle risorse naturali (?), così come la protezione dell’ambiente e del patrimonio culturale». Il documento prevede l’integrazione economica della regione attraverso le regole del commercio multilaterale e togliendo gli ostacoli all’integrazione economica nel quadro dell’economia di mercato, ma anche attraverso un nuovo organo dell’Asean incaricato della «promozione e della protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».

Impegni non solo molto ambiziosi per Paesi che in gran parte non brillano certo per la protezione ambientale ed anzi noti per inquinamento diffuso in fabbriche dove i diritti dei lavoratori sono spesso un optional, ma quasi incredibili quando si parla di diritti umani. Tra gli Stati aderenti all’Asean si annoverano infatti una delle più feroci e inguardabili dittature del mondo (Myanmar), due regimi comunisti a partito unico (Vietnam e Cambogia), un regime corrotto ed autoritario (Cambogia), due regimi a “democrazia controllata” (Singapore e Malesia), una monarchia assoluta (Brunei), un Paese fresco di colpo di Stato militare (Thailandia) e tutti gli altri retti da fragilissime democrazie.

Ma al di là delle perplessità che lasciano i proclami di rispetto dei diritti umani e dell’ambiente quando vengono da certi paesi, la riunione dell’Asean potrebbe segnare una svolta per le “tigri” del Sudest Asiatico, visto che si impegnano ad assicurare «un risultato fruttuoso» della conferenza sul clima dell´Onu di Bali e a partecipare "partecipare attivamente e in maniera costruttiva al fine di assicurare un risultato positivo del negoziato su un accordo totale».

I Paesi dell’Asean sono «profondamente preoccupati per l´impatto negativo dei cambiamenti climatici, tra i quali la minaccia di seri danni irreversibili, che colpirà tutta l’umanità, in particolare i Paesi poveri e vulnerabili in via di sviluppo». La dichiarazione afferma che «lo sviluppo economico e sociale, comprese l´eradicazione della povertà e la protezione dell’ambiente, costituiscono i principi prioritari dei Paesi in via di sviluppo».
Secondo l’Asean «le sorgenti di carburante alternativo, come l´energia nucleare civile, costituiranno una realtà del nostro tempo» e «tutte le azioni che puntano a diminuire i cambiamenti climatici, dovranno essere condotte in maniera da completare e rafforzare lo sviluppo sostenibile e la crescita durevole nei Paesi in via di sviluppo».

Comunque, per affrontare il cambiamento climatico dopo il 2012, l’Asean chiede di lavorare «attraverso partenariati bilaterali, regionali e mondiali per promuovere lo sviluppo e trasferire la tecnologia del carbone pulito, così come le tecnologie di pulizia e per il clima». Insomma, la novità di approccio c’è, ma si torna al carbone e al nucleare e pensare ad un regime come quello del Myanmar o ad altri dell’area che costruiscono una centrale nucleare non tranquillizza molto di più che pensare al nucleare iraniano o nordcoreano!

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