[21/11/2007] Parchi

Verso la conferenza nazionale dei parchi (1)

PISA. Se come sembra il prossimo anno si terrà la terza Conferenza nazionale dei parchi sarà utile fin da ora individuare con la massima chiarezza i temi sui quali urge una riflessione seria e cioè cosa sono e cosa devono fare i parchi e le aree protette oggi.
Apriamo quindi con questo intervento, un dibattito e un confronto che speriamo sia vissuto ma soprattutto sia costruttivo.

Partiamo però da Oltralpe, perché proprio in Francia è recente l’approvazione di una nuova legge nazionale che ha sicuramente contribuito a mettere meglio a fuoco non solo i ruoli istituzionali ma anche i compiti di un sistema che registrava una troppo marcata separazione, ad esempio, tra parchi nazionali e regionali. Il numero di ottobre 2007 della rivista Parcs della federazione dei parchi naturali regionali francesi ha dedicato ai 40 anni dei parchi regionali un numero in cui si fa il punto sul loro impegno per nuove solidarietà e uno sviluppo armonioso dei territori. I parchi infatti sono chiamati oggi ad operare in maniera non solo sempre meno separata dai restanti territori, ma anche in maniera sempre più direttamente connessa con le grandi tematiche ambientali imposte dai cambiamenti climatici. Anche paesi come la Svizzera più ‘lontani’ –diciamo così- da questa nuova cultura della tutela hanno dovuto, ad esempio, rivedere il progetto iniziale del nuovo parco nazionale a Berna che -stando almeno a notizie di stampa- sembrava ricalcare troppo lo schema Engadina, ossia la cancellazione di attività che invece vanno anch’esse ‘tutelate’ e non sradicate.

Questa nuova filosofia dei parchi che bene esprime l’evoluzione di una concezione della tutela e della conservazione è autorevolmente sanzionata da una serie di eventi internazionali –ultimo Durban- ai quali giustamente si fa sempre più riferimento anche nel nostro paese.

E tuttavia non possiamo assolutamente ignorare che alla innegabile e notevole crescita dei parchi e delle aree protette del nostro paese accelerata dall’entrata in vigore della legge 394 non corrisponde una altrettanto e soddisfacente chiarezza sul ruolo oggi di quello che dovrebbe essere un sistema ma che non lo è a partire dal rapporto terra-mare ossia l’integrazione tra aree terrestri e aree marino-costiere.

La lunga stagione dei commissariamenti dei parchi nazionale ha ovviamente e pesantemente contribuito ad emarginarne il ruolo, il peso, il significato. Ma il ritorno o quasi alla normalità -che non può evidentemente cancellare le ferite profonde e i danni arrecati e difficilmente calcolabili- non significa che le cose sono già tornate o quasi a posto. Vale per i parchi nazionali ovviamente ma anche -sia pure in misura diversa- per quelli regionali pur non passati dalla esperienza mortificante dei commissariamenti.

Se ci dovessimo affidare nella valutazione dello stato dell’arte dei nostri parchi nel loro complesso ad una ancorchè sommaria rassegna delle notizie di stampa ne ricaveremmo nel complesso strani e perfino sorprendenti segnali. Sorvoliamo pure sugli strascichi politici dovuti alle nomine dei presidenti e dei consiglieri e talvolta degli stessi direttori che non sono una novità specie poi in una stagione politica in cui la litigiosità è la norma. Fa, ad esempio, una certa impressione registrare che in alcuni parchi da tempo immemorabile si polemizza sull’esubero dei cinghiali quando ci sono regioni e parchi che lo hanno da tempo risolto senza morti (non sempre) e feriti.

Se prendiamo una regione come la Sardegna le polemiche, gli scambi d’accuse, persino il linguaggio evocano gli anni lontani che precedettero e seguirono la legge quadro; il tempo sembra davvero essersi fermato. Comitati e assemblee sono lì a parlare di cose calate dall’alto, di penalizzazioni con una sola novità; la ‘sardità’. Sì, perché quasi non bastasse tutto il vecchio armamentario lungamente e disinvoltamente impiegato negli anni per opporsi pretestuosamente ai parchi qui si è scoperta questa peculiarità il cui ‘rispetto’ ha contribuito ad affondare definitivamente il parco del Gennargentu e reso precario, fragile e traballante tutto il resto, incluso quello derivante dalle leggi regionali. A scorrere i giornali sardi si torna indietro nel tempo ed è difficile provarne nostalgia. E il provvedimento sulle coste non basta purtroppo a rimediare a questo confuso andazzo.
(continua)

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