[26/11/2007] Aria

L’Australia che cambia ricomincia da Kyoto e aborigeni

LIVORNO La vittoria dei laburisti in Australia rappresenta un colpo forse mortale per il gruppo di testa dei Kyoto-scettici, la sconfitta del conservatore Howard priva Bush del suo alleato militare, economico ed energetico più fedele e scompagina gli equilibri dell’Asia-Pacifico, mettendo i due più forti (anzi gli unici forti) Paesi dell’Oceania in mano a Partiti Laburisti. L’Australia probabilmente accentuerà la sua vocazione asiatica, ma i cambiamenti immediati saranno il ritiro dall’Iraq delle truppe aussi, la nuova politica verso l’immigrazione che dovrebbe correggere quella draconiana dei conservatori, che era giunta fino alla creazione di veri e propri lager ed all’espulsione verso accondiscendenti piccoli stati oceanici di rifugiati politici, e un radicale cambio di atteggiamento verso le minoranze aborigene.

Ma l’isola continente ha una importanza strategica sempre più rilevante con lo spostamento dell’asse economico del mondo verso l’Asia e per il fatto di essere uno scrigno colmo di risorse minerarie, per questo l’amministrazione repubblicana degli Usa si è affrettata a fare buon viso a cattivo gioco: «Gli Stati Uniti e l’Australia sono dei buoni partners ed alleati da moltissimo tempo – ha detto il portavoce della Casa Bianca Emily Lawrimore – e il presidente ha fretta di lavorare con il nuovo governo».

Ma Bush non dimentica e ringrazia il suo fedele amico di avventure tanti anni, l’ex premier australiani John Howard, uno dei suoi più forti alleati nella sanguinosa guerra irakena (l’australia schiera 2.500 soldati) ed uno dei suoi più forti sostenitori nella decisione di non ratificare il protocollo di Kyoto, e ricorda che «durante il suo mandato – ha detto Lawrimore - il primo ministro Howard ha ben servito il popolo australiano con politiche che hanno condotto a una forte crescita economica e per il suo impegno per la sicurezza degli australiani concretizzata nella suo lotta contro l’estremismo e l’ideologia che propaga nel mondo».

Quasi un epitaffio per la politica di quello che era considerato un “gemello” ancora più spregiudicato, deciso e intelligente di Bush, ma probabilmente i repubblicani americani guardano con sgomento a quelli che avevano individuato come punti di forza (no a Kyoto, Iraq, neoliberismo spinto) e che alla fine sono stati le debolezze che sono costate la poltrona ad un inossidabile governo conservatore di successo.

I vecchi Laburisti, dati per spacciati fino a pochi anni fa, hanno usufruito certo della stanchezza per il lungo regno di Howard, ma quello che ha fatto la differenza tra destra e sinistra in Australia è la lotta al cambiamento climatico, sul quale le titubanze, i dinieghi e le gaffe di Howard sono speculari a quelle di Bush e probabilmente i democratici americani gongolano e prendono appunti sul loro taccuino australiano per capire come sfrattare i repubblicani da Washington.

Intanto Kevin Rudd (nella foto), il ventiseiesimo premier dell’Australia, non si nasconde e dà subito il senso del cambiamento. Oggi ha annunciato che il suo governo farà subito scuse formali agli aborigeni australiani «sarà fatto nella primissima fase della legislatura – ha detto Rudd a Bisbane – lo faremo in un quadro di consultazione con le comunità, in una maniera che potrà prendere anche un po’ di tempo».

Quello degli aborigeni è un tema delicatissimo per l’Australia perché mette in discussione il mito di fondazione del Paese ed il suo stesso sviluppo dopo l’invasione bianca e la marginalizzazione delle comunità indigene. Un nodo che la destra ha sempre rifiutato di affrontare e che stringe dolorosamente il passato ed il presente dell’isola-continente, con l’abisso di aspettativa di vita, istruzione, ricchezza ed inclusione che divide i popoli originari dai ricchissimi discendenti dei colonizzatori.

Mentre si avvicina rapidamente la data della conferenza di Bali sul cambiamento climatico, Rudd deve velocemente riscrivere l’agenda australiana per rispettare gli impegni preso con gli elettori di un ruolo attivo del suo Paese nel post Kyoto, lo fa in maniera discreta, dicendo modestamente che intanto sta studiando i consigli che ha ricevuto su come potrebbe essere ratificato dall’Australia il Protocollo di Kyoto.

Una lettura che dovrà essere molto veloce, perché Bali aspetta la nuova Australia e il nuovo primo ministro laburista già dalla prossima settimana.

Bush ha perso un amico molto ingombrante, ma a quanto pare ne ha trovato un altro ancora più servile ed estremista in Cecoslovacchia, dove il governo di centro-destra è pronto ad ospitare il sistema antimissile che tanto fa arrabbiare Putin e il cui primo ministro attacca Al Gore e gli ambientalisti in generale accusati più o meno di raccontare catastrofistiche balle. Si tratta dello stesso governo di un Paese dell’Unione Europea che si è impegnato a rispettare le avanguardistiche previsioni di riduzioni di emissioni di CO2 e di consumi energetici previsti dall’Ue e che tanto inquietano Bush.

A quanto pare anche L’Europa comincia ad avere qualche sindrome australiana da parte dei vecchi alleati dell’Urss che sembrano aver aderito più per motivi economici, mentre politicamente (ed energeticamente) guardano più alle politiche di un governo Bush al tramonto.

Forse avremo bisogno di tanti piccoli Rudd da schierare al di la di quella che fu la cortina di ferro. E anche al di qua non guasterebbero.

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