[29/11/2007] Comunicati

Conflitti e partecipazione

FIRENZE. Ogni giorno la cronaca toscana registra conflitti su acqua, territorio, paesaggio, ecc. Il contendere, oltre al merito (fanghi a Piombino, inceneritore a Scarlino, offshore a Livorno, il colosso dell’acqua a Firenze, ecc.), è il ruolo dei cittadini. La Regione lavora da più di un anno, con un percorso originale, ad una legge sulla partecipazione. Mentre si discute però la confusione aumenta su ruoli, poteri, procedure, forme e garanzie.

Urge una netta discontinuità rispetto alla pratica politica e al logoramento delle istituzioni che la mancanza di partecipazione ai processi decisionali porta con se. Sempre più spesso nascono appelli, pro o contro qualcosa, anche di scienziati, professori universitari ecc. che, in assenza di garanzie di corretta comunicazione, informazione, partecipazione, pur originati da legittime opinioni e valutazioni, influenzano società locali disorientate, a partire dall’idea che un parere scientifico sia inappellabile e giusto di per sé.

Le istituzioni elette devono poter governare ma devono farlo, nel loro interesse e in quello pubblico, garantendo la partecipazione informata e consapevole. La realtà delle cose è diversa: partecipazione e valutazione che ne sta alla base (Via, Vas, Intergrata, ecc.), previste in quasi tutte le leggi del territorio, ambiente e beni comuni sono ridondanti, farraginose, spesso inapplicabili. Non c’è alcuna forma di partecipazione alle scelte di carattere economico (di democrazia economica) se non nelle sedi di concertazione e governance che sono, però, a rappresentanza delegata e assenti a livello locale.

La maggior parte di questi strumenti non tiene conto delle direttive UE in materia di informazione, partecipazione e valutazione in campo ambientale, sociale ed economico. La legge regionale dovrebbe essere rapidamente approvata per mettere ordine, semplificare e integrare dando certezze al diritto di partecipazione delle società locali ai processi decisionali di piani, programmi e progetti che le riguardano. Essa non è un neutro insieme di procedure che regola il confronto tra interessi diversi (con pesi e poteri assai differenti), ma strumento di garanzia per le società locali e certezza del diritto per gli operatori economici pubblici o privati, che muove dalla superiorità di natura e cultura sull’economia, dalla consapevolezza dei limiti all’uso degli ecosistem services e del fatto che l’interesse generale deve intervenire, non solo dove il mercato fallisce, ma, per orientare, regolare, indirizzare le scelte e i comportamenti degli attori sul mercato.

Gli interventi a posteriori aggravano i problemi, la prevenzione, per contro, presuppone forme di limitazione all’agire del mercato che, in regime di oligopolio, ha ben poco di spontaneo. Una di queste è la partecipazione consapevole; essa è una pratica che, nel solco della tradizione dell’economia sociale di mercato dell’Europa, si propone di delimitare l’agire della finanza, della rendita e della produzione nel campo delle risorse (energia, acqua, territorio, ecc.), favorire gli investimenti in conoscenza (cultura, istruzione, ricerca scientifica, ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, formazione) e governare per questa via i tre principali problemi che stanno alla base degli equilibri ecologici: qualità degli ecosistem services, popolazione, conoscenza e lavoro.

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