[05/12/2007] Comunicati

Fra sostenibilità e partecipazione

LIVORNO. La storia, non solo quella recente, dimostra che cambiamenti e modernità si possono affermare anche senza essere guidati e/o voluti.
Il che dimostra che le parole "cambiamento", "nuovo", "modernità", non hanno obbligatoriamente e sempre un segno positivo. Il dogma della seconda Repubblica, nuovo uguale migliore, è stato smentito. Naturalmente, come sempre, si tratta di vedere per chi, ma certamente è stata smentita la sua presunta neutralità. Nel nuovo affermatosi in oltre un quindicennio, come sempre, c´è chi ha guadagnato e chi ha perso.

Politica e partiti sono cambiati, certamente. Ognuno può valutare se (e quali) sono cambiati in peggio o in meglio. Anche la società, ovviamente, è cambiata radicalmente.

L´epicentro del cambiamento e della modernità, insieme alla globalizzazione, è rappresentato dalla individualizzazione e dalla segmentazione parossistica della società.

Perché mai questo mutamento profondo, se non epocale, dovrebbe aver lasciato indenne e intonsa la qualità dei movimenti della società? Per quale motivo ciò che si muove nella società, in questa società, non dovrebbe riflettere la segmentazione e l´individualizzazione? E perché ciò che replica segmentazione e individualizzazione non dovrebbe essere oggetto di discrimine nell’assegnare valori e disvalori?
E ancora. Non c´è solo la storia a ricordarcelo, c´è anche la cronaca: perché mai la partecipazione dovrebbe avere sempre le stigmate delle cause giuste?

Come si valuta l´adesione, e perfino "l´internità" della destra populista ai movimenti e ai conflitti locali, tanto da ipotizzare di farsi rappresentare anche elettoralmente da questi? Davvero questi ultimi dovrebbero essere considerati antagonisti a prescindere? Antagonisti a cosa e a chi?

L´ambiente, si dice, è un tema trasversale.
La salvaguardia ambientale, forse.
La sostenibilità ambientale certamente no!

La sostenibilità (Stern ha qualcosa a che fare con la Banca mondiale) impone il progetto di una riconversione ecologica dell´economia, pena il segare il ramo su cui essa stessa siede. Un progetto mastodontico che pretende una gigantesca riallocazione delle risorse economiche che non può avere in nessun modo un segno di neutralità sociale.

Ecco che allora appare più chiaro, o almeno dovrebbe, che la spirale perversa Cesarismo-populismo non riguarda solo la destra. Riguarda in pieno la sinistra. Di più! Riguarda più la sinistra non liberale di quella moderata.
Infatti, mentre la sinistra moderata ha definitivamente introiettato la dimensione liberale – anche nobilmente liberale - (casomai la cosa curiosa è che viene definita "nuova" ), la sinistra non liberale non riesce a superare la dimensione "radicale" e "antagonista" e perciò non riesce a darsi né un progetto né un orizzonte.

Osserviamola, questa sinistra, non a caso sedicente radicale e antagonista ma non sedicente alternativa. Osserviamola sui territori. Osserviamola nelle scelte sui territori dove fa parte delle maggioranze di governo, ma anche dove sta all’opposizione. Osserviamola e vedremo che essa oscilla sistematicamente fra subalternità e negazione. A seconda delle situazioni e anche dentro la stessa situazione.

E infatti si arriva al paradosso (Asor Rosa) per il quale la somma degli antagonismi territoriali dovrebbe partorire il massimo del centralismo a difesa del paesaggio. Se nessuno se ne fosse accorto, Monticchiello è anche questo!

Così la partecipazione è solo ciò che è amplificato dai (e specchiato nei) media e nella rete. A prescindere dal senso e dal verso. Mentre ciò che non riesce a "bucare" i media, e a stare in rete, non esiste e perciò non è partecipazione.

Ciò che è sul territorio e costruisce, collettivamente quanto silenziosamente, pratiche collettive e alternative con (e per) gli ultimi (viventi umani e non) non dà spettacolo, non sta in rete e dunque non esiste: non è partecipazione, non è interessante, né per i radicali né per gli antagonisti. Eppure: che cosa sarebbero diventate le politiche sociali e di salvaguardia ambientale oggi, senza il volontariato che si "sporca le mani" con le amministrazioni?

Ritrovare il senso (e il verso) di un nuovo agire collettivo, se e in quanto interessi, ha un prius! Reincontrare lo studio (anche individuale) e l´approfondimento (che non ha né i tempi dei media né quelli della rete). L´elaborazione collettiva di progetti che sappiano tenere insieme l´orizzonte della sostenibilità (sociale e ambientale) e le pratiche quotidiane che non ignorano il contesto preciso e hanno coordinate altrettanto precise.

Queste coordinate sono la democrazia e il mercato. La democrazia, che pretende la riconoscibilità di ciò che è maggioranza e di ciò che è minoranza parimenti alla capacità di sopportare il dissenso; e il mercato, che non è popolato solo da soggetti privati.
Enucleare e isolare, sistematicamente, una parte dal tutto (sinèddoche), o sovrapporre l´orizzonte al contesto, può fare (e lo fa) spettacolo, e può avere (e li ha) i titoli di giornale ma... storicamente, si definisce come falsa coscienza. Buona per fiammate radicali e/o antagoniste, pessima per qualsiasi alternativa socialmente e ambientalmente e sostenibile.

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