[10/12/2007] Comunicati

Accordo Ue-Africa, 8 miliardi per sviluppo e democrazia

LIVORNO. Il summit Unione Europea-Africa di Lisbona ha partorito un documento con il quale la Commissione Ue fissa la strategia, Paese per Paese, del decimo fondo europeo di sviluppo (Fed) per 31 Stati dell’Africa sub-sahariana. Sono previsti 8 miliardi di euro per il periodo 2008-2013 che verranno concessi sulla base di 8 priorità indicate dalla nuova agenda di partenariato avviata a Lisbona: pace e sicurezza; governance democratica e diritti dell’uomo; commercio e integrazione regionale; Obiettivi del Millennio per lo sviluppo; energia; cambiamenti climatici; migrazioni; occupazione; scienze, società dell’informazione e spazio.

Il presidente della Commissione Ue, José Manuel Durão Barroso (Nella foto), ha detto che «questi programmi di cooperazione sono la migliore illustrazione della nostra volontà di passare da una politica per l’Africa ad una politica con l´Africa, e dell’impegno condiviso di europei e africani per la governance democratica». Barroso fa riferimento alle polemiche sulla contestata presenza al summit dio regimi illiberali come quello di Mugabe dello Zimbabwe o di altri governi fintamente democratici quando non esplicitamente autoritari. «Il summit Ue-Africa a Lisbona ha marcato una svolta nelle relazioni tra Europa e l’Africa – ha detto Louis Michel, commissario europeo allo sviluppo ed all’aiuto umanitario – Con questa firma, entriamo in un partenariato ambizioso. D’ora in avanti, l’Africa e l’Europa avranno la stessa visione ed hanno convenuto azioni concrete. Questi documenti sono la scommessa di risultati. Definiscono chiaramente, Paese per Paese, le priorità e i risultati attesi nel 2013».

Certo, il colonialismo inglese, francese, portoghese, spagnolo, italiano e tedesco che ha pervaso la storia recente del continente africano, pesa ancora come un macigno ed i riflessi neocoloniasti, sia da parte europea sia di “servizievoli” capi di Stato che mettono a disposizione di multinazionali europee risorse energetiche e minerarie e beni ambientali come fossero cosa propria, non sono certo un bell’esempio di governance democratica, ma l’accordo di Lisbona sembra proprio un passo in avanti perché mette al centro i problemi economici dell’Africa (che sono in gran parte ambientali e dell’utilizzo delle risorse) come occasione per un nuovo sviluppo comune. Un approccio certo molto differente da quello spregiudicato dei cinesi o da quello muscolare americano che mischia aiuti umanitari di urgenza e spostamento di truppe fedeli in paesi problematici, come sta accadendo in Somalia con gli etiopi che fanno il lavoro sporco per conto di Bush.

Una strategia europea morbida e pragmatica che si evidenzia nella decisione di redigere i documenti strategici con ognuno dei 31 paesi africani partecipanti e definiscono le strategie di appoggio e definire così le azioni prioritarie da intraprendere per il periodo 2008-2013. Una delle novità è il risalto dell’importanza data alla governabilità con 2,7 miliardi di euro che per la prima volta prevede una “tranche incitativa" come segnale di un partenariato costruttivo fondato su un mutuo impegno verso la buona governance.

I documenti strategici sono stati firmati subito da alcuni dei Paesi dell’Africa sub-sahariana gli altri lo faranno il prossimo mese. A partire dal 2008 il livello di impegno annuale in favore dell’Africa sub-sahhariana oltrepasserà i 3,3 miliardi di euro all’anno nel quadro del Fed. La Commissione Ue dà «l´appoggio totale, attraverso i differenti budget e programmi, che dovrà raggiungere i 5 miliardi di euro all’anno per l´Africa negli anni a venire».

Va anche detto che, al di là delle buone intenzioni ambientali, l’accordo Ue-Africa illustrato da Luis Michel punta molto (quasi tutto) su mercato e accessibilità dei mercati e infrastrutture portuali, energetiche e delle comunicazioni, mentre l’ambiente rimane confinato, quasi come citazione d’obbligo, nei capitoli di testa e in qualche paragrafo degli accordi sottoscritti con qualche Paese.

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