[11/12/2007] Energia

Gli Usa cercano alternative allo strapotere russo per il gas

LIVORNO. Se fino al crollo dell’Unione Sovietica la potenza Russa marciava sulla punta delle baionette dell’Armata Rossa, la nuova potenza della Russia di Putin (Nella foto) arriva nel mondo attraverso oleodotti e gasdotti, gli stessi che hanno portato il presidente di Gazprom, Dmitri Medvedev, alla sicura investitura alla presidenza della Federazione Russa, prontamente ricambiata oggi con la sua richiesta a Putin di diventare il suo primo ministro, rimanendo così il vero uomo forte della strana democrazia a semi-partito unico, un’oligarchia energetica, che si è creata nel più grande Paese del mondo.

La rinascita di una grande potenza russa preoccupa non poco gli Usa che non ne fanno mistero e chiedono all’Azerbaigian di aiutarli a distruggere il monopolio delle forniture di gas che i russi hanno di fatto in Europa. Durante un incontro internazionale sulla cooperazione tra Usa, Arzebaigian e Turchia, Daniel Fried, il sottosegretario di Stato americano per l’Europa e l’Eurasia, ha detto che «L´Azerbaigian ha un’importanza strategica in quanto fornitore di sostituzione del gas naturale all’Europa. Le riserve di gas dell’Azerbaigian dovranno soffrire per avviare e probabilmente terminare la creazione del gasdotto di sostituzione che collega l´Europa meridionale e centrale al Mar Caspio via Turchia, offrendo ad alcuni dei nostri alleati europei un’alternativa percorribile al sistema monopolista dei trasporti ed al clima di investimenti bloccati».

Insomma, agli americani non piace molto la dipendenza europea da Putin che potrebbe sminuire la dipendenza la loro incidenza negli affari europei. Fried ha chiesto all’Azerbaigian di non ripetere gli errori di altri Paesi ricchi di idrocarburi nei quali i leader sono spesso liberi dal sistema di pesi e contrappesi grazie alla rendita petro-gasiera o dove prosperano l’instabilità politica e sociale e la corruzione (proprio come in Azerbaigian, ma evidentemente per il comprensivo sottosegretario è un dettaglio).

Ma gli americani rischiano di trovarsi già ora davanti ad un boccone troppo grande da ingoiare: Lukoil, Gazprom, Severstal et Rusal sono le compagnie russe che detengono il più grande attivo economico all’estero, anche negli Usa. La classifica delle 25 multinazionali russe è stata stilata dalla scuola di management Skolkovo e da un’università americana, quella della Columbia. Le Quattro compagnie russe posseggono il 78% di tutti i fondi russi all’estero: 18,9 miliardi de dollari Lukoil, 10,6 miliardi Gazprom, 4,6 miliardi Severstal e 4,2 miliardi Rusal.

La Top-25 delle multinazionali russe, detiene 59 miliardi di dollari di attivo all’estero, e l’ammontare globale delle loro vendite fuori dai confini della Russia è stimato in 200 miliardi di dollari, producendo lavoro per 130 mila persone. Cifre raddoppiate negli ultimi tre anni. L’80% degli utili esteri appartiene a compagnie che si occupano di materie prime, più della metà delle quali specializzate in idrocarburi. Il 52% dei guadagni viene dall’Europa occidentale, il 22% dai Pesi ex sovietici della Comunità degli Stati indipendenti, l’11% dall’Europa orientale, il 6% dall’America del Nord, il 4% dall’Africa e il 3% dal resto dell’Asia e dall’Australia.

La strategia americana di contenimento (anche militare) dell’espansione economico-politica della Russia non piace nemmeno all’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, che però ha un qualche conflitto di interessi visto che ora fa il consigliere di Putin per un altro gasdotto, quello baltico, che collegherà la Russia al nord Europa. «Senza la Russia – ha detto Gerhard Schröder- è molto difficile risolvere i grandi problemi internazionali, che sono quelli del vicino oriente o la regolazione de conflitto in Kosovo, tanto più che c’è bisogno del sostegno di Mosca per dossier come il disarmo, la non-proliferazione delle armi nucleari e la lotta contro il riscaldamento climatico, senza dimenticare il ruolo fondamentale di Mosca nella stabilità delle forniture di idrocarburi sul mercato mondiale».

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