[12/12/2007] Consumo

Federbio alla Fao: Ecco qual è il ruolo dell´agricoltura biologica per lo sviluppo sostenibile e la fame nel mondo

Le recenti dichiarazioni del Direttore Generale della Fao Jacques Diouf sulla necessità dell’impiego della chimica di sintesi e sulle difficoltà di applicazione dell’agricoltura biologica nei Paesi in via di sviluppo ci lasciano perplessi e meritano un chiarimento. L’agricoltura biologica, proprio nei Paesi in via di sviluppo, è risultata essere molto produttiva, soprattutto nelle aree in cui vi è scarsità di risorse, esistono piccole unità familiari e la terra è gestita in modo tradizionale. E’ provato che non solo il biologico richieda costi più bassi – per il non utilizzo di fertilizzanti chimici e pesticidi o per il non necessario acquisto delle sementi - ma che può portare ad avere, specie nel lungo periodo, rese uguali o addirittura superiori all’agricoltura convenzionale, contribuendo in maniera fondamentale a ripristinare la sostanza organica nel terreno e, quindi, a difendere i suoli dalla siccità e dalla desertificazione, effetti tipici di un’agricoltura basata sull’impiego di fertilizzanti chimici di sintesi. Esistono esempi numerosi, citati anche in recenti studi del prestigioso Worldwatch Institute, dell’Università di Cardiff, o dell’IFAD (International Found for Agricolture Development), che indicano come le coltivazioni con il metodo biologico contribuiscano realmente a migliorare la qualità di vita degli agricoltori nel Terzo Mondo, conservando le loro risorse, aumentando la loro produzione, rendendoli autosufficienti e non costretti a pagare per l’acquisto degli input chimici e delle sementi. Non è poi vero, come sostiene il direttore della Fao, che praticare il metodo biologico richieda grandi investimenti e particolari capacità imprenditoriali: le tecniche dell’agricoltura biologica si rifanno per lo più alle tecniche tradizionali, dunque semplici e ben conosciute, e coltivare in sintonia con l’ambiente vuol dire anche tener conto delle strutture sociali e culturali locali, utilizzando al meglio le risorse presenti e la biodiversità.
In uno studio realizzato dall’Università del Michigan si è convertito il valore della produzione agricola ottenuto dall’agricoltura tradizionale con quello che si otterrebbe se fosse praticata l’agricoltura biologica: ne è risultato che, a parità di produzione, si otterrebbe comunque di coprire un fabbisogno calorico pro capite giornaliero compreso tra le 2.640 e le 4.380 kcal, più che sufficiente, a far fronte al problema della fame. Rimane tuttavia il fatto che per nutrire una popolazione in costante crescita è necessaria una equa distribuzione delle risorse, cosa che oggi non accade, e bisogna tutelare la fertilità a lungo termine dei terreni e la biodiversità: aspetti che non vengono certo salvaguardati attraverso l’agricoltura chimica e industriale.

* Carnemolla è presidente di FederBio, l’organizzazione unitaria dell’agricoltura biologica e biodinamica italiana

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