[13/12/2007] Urbanistica

Porti, campeggio o seconde case galleggianti?

LIVORNO. L’ Unione nazionale dei cantieri e delle industrie nautiche e affini (Ucina), allarmata per la crisi della piccola nautica da diporto, che sarebbe meglio chiamare rallentamento della crescita esponenziale degli ultimi anni, ha chiesto che i porti vengano parificati alle imprese turistiche, riconsiderando il valore dei canoni demaniali ed equiparandoli per quanto riguarda l’Iva a alberghi e campeggi. Una proposta che molto probabilmente non sarà vista di buon occhio proprio dagli albergatori, sempre più ostili a nuove strutture portuali e che vedono le imbarcazioni da diporto come camper galleggianti, spesso di stralusso, che sottraggono clientela, non avendo bisogno i dipartisti di dormire a terra.

Ucina chiede invece una nautica da diporto senza da vincoli (e tassazione) per assicurare un liberistico sviluppo del turismo nautico che «libero da vincoli – assicura il presidente Ucina Anton Francesco Albertoni in un’intervista al Sole 24 Ore – potrebbe assicurare in termini di posti di lavoro e di gettito fiscale». Insomma, siamo alla solita proposta: paghiamo troppe tasse, abbiamo troppi vincoli, tagliateceli e pagheremo più tasse perché lavoreremo di più.

L’Ucina prende atto realisticamente di una dato di fatto: i porti sono sempre più un segmento del turismo che ne “penalizza” altri provocando a volte un consumo di coste sia con fenomeni erosivi indotti che con la cementificazione “di compensazione”, con seconde case di servizio alla nautica, prende atto che, più che al turismo d’avventura e di navigazione che ormai è più nelle riviste patinate che nella realtà, i porti sono diventati veri e propri camping del mare, per lunghe soste e brevi navigazioni, che l’inverno diventano parcheggi galleggianti e che i posti barca diventano sempre più “piazzole” stabili, acquistate e rivendute come se fossero appartamenti (e spesso agli stessi costi) in aree in concessione, teoricamente ancora “fastidiosamente” di proprietà comune.

L’Ucina fa il suo mestiere e chiede di prendere atto di un cambiamento che però viene negato ogni volta che si propone e si progetta un porto, “venduto” sempre come un elemento dinamizzante, mentre invece fa sempre più parte di quel turismo costiero stabilizzato, quasi immobile, fatto di tradizionalissimi porti e seconde case, magari anche galleggianti.

Torna all'archivio