[17/12/2007] Trasporti

Tocca allo Stato ripianare il rosso delle tratte ferroviarie dei pendolari? Sì!

LIVORNO. La rottamazione auto che non è entrata in finanziaria in quanto si tratterebbe di un provvedimento con zero valore ecologico, potrebbe rientrare da un’altra porta, quella del decretone milleproroghe, dove solitamente si fa a gara a infilare cose che nella finanziaria non si è riusciti a mettere. In molti danno la rottamazione già per certa visto che incontra il favore di larga parte del Pd e del ministero dello Sviluppo economico, oltre ovviamente al mondo imprenditoriale, visto che se i benefici ambientali sono poca cosa (vedi i numerosi articoli e interviste della scorsa settimana) , quelli per i costruttori di automobili sono invece molto evidenti, tanto che nel dubbio in questi giorni le varie case automobilistiche si prodigano in superofferte dell’ultimo secondo in caso la rottamazione non fosse rinnovata.

Tra i molti che nel centrosinistra si sono opposti alla riconferma di questo provvedimento ci sono i Verdi, che con il capogruppo Angelo Bonelli hanno fatto sapere che l’unica possibilità che il partito appoggi il bonus-auto, è quella di un’approvazione contestuale del finanziamento del piano “1000 treni” per il trasporto dei pendolari.

Ma dal fronte ferrovie arrivano notizie tutt’altro che positive: mentre un Eurostar in panne lascia al gelo per una notte centinaia di passeggeri, l’ad di Trenitalia Mauro Moretti annuncia il treno superveloce Milano-Bologna, la gara per l’acquisto di una cinquantina di nuovi treni ad alta velocità e snocciola il suo piano industriale 2007-2011 tutto votato alla velocità.

Perché, come aveva spiegato poche settimane fa, le tratte dell’alta velocità sono le uniche che rendono e siccome lui è stato messo alla guida di un’azienda, deve curare i propri bilanci. Il concetto per quanto brutalmente sintetizzato e brutalmente esposto dallo stesso Moretti, non fa una grinza: i treni dei pendolari sono importanti? Sono un servizio pubblico? E se sì, questo servizio è sufficiente dal punto di vista quantitativo e qualitativo? Se a quest’ultima domanda la risposta è no, è piuttosto naturale che sia lo Stato a doverci pensare o comunque a contribuire attraverso anche incentivi e disincentivi.

Del resto il rapporto del Censis sul pendolarismo fotografa un Paese affamato di treni pendolari: al boom dei pendolari che dal 2001 al 2007 sono cresciuti del 35,8%, non ha corrisposto un aumento dell’offerta di treni locali: dal 2001 al 2005 i treni per chilometro sono aumentati del 6,3%, i posti del 5,2% e i passeggeri trasportati del 7,7%: il che significa che il restante 28% ha dovuto utilizzare un altro mezzo, che quasi sempre è l’auto privata.

Ma il rapporto del Censis evidenzia anche che il 70% degli 11 milioni di pendolari che usano l’auto privata, sarebbero felici di salire sui treni se il servizio fosse disponibile, se i treni fossero puntuali e se comfort e prezzo fossero adeguati.

Il risultato è quello che abbiamo potuto apprezzare una settimana fa in occasione dello sciopero degli autotrasportatori: automobilisti in coda per ore e scene di panico, solo per guardare al traffico privato e lasciando per un momento da parte il traffico merci, pur ghigliottinato a una percentuale di uso della gomma al di sopra dell’80%.

Il nodo quindi ancora una volta è quello delle risorse. Risorse da trovare non certo e non solo in un ministero dell’ambiente, ma casomai prima di tutto in un ministero dello Sviluppo economico (perché una mobilità sostenibile è prima di tutto una mobilità competitiva), in un ministero dell’economia (perché incentivare l’uso del mezzo privato attraverso le rottamazioni significa indebitarci ulteriormente di fronte all’Europa e agli obiettivi di abbattimento delle emissioni), e in un ministero della Sanità (perché le conseguenze sanitarie delle malattie derivate dall’inquinamento atmosferico dovuto ai mezzi di trasporto pesano sul bilancio pubblico e potrebbero essere facilmente ridotte).


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