[19/12/2007] Comunicati

L´Italia faccia fino in fondo il suo dovere per rispettare Kyoto

LIVORNO. Alla fine la conferenza di Bali sul clima si è chiusa con un accordo. Il merito non è entusiasmante, in buona sostanza si è strappato l’impegno comune di costruire, nei prossimi due anni, gli obiettivi e i vincoli di lotta al riscaldamento globale. Non è molto, se si pensa alla velocità con cui avanza la minaccia climatica, ma una rottura avrebbe precipitato il pianeta in un baratro senza ritorno. Questo risultato sarebbe stato impensabile se l’Europa non fosse giunta a questo appuntamento dopo avere compiuto la scelta unilaterale e vincolante delle tre venti.

Senza questa decisione il rapporto e il monito ad agire dell’Ipcc sarebbero rimasti inascoltati. A quali condizioni questi due anni non saranno solo un ulteriore ed irresponsabile ritardo? La prima e più importante è che i paesi che hanno sottoscritto Kyoto ne realizzino gli obiettivi. Sarebbe un risultato indicativo, non tanto per le quantità modestissime di CO2 che riuscirebbe a togliere dall’atmosfera, ma per gli obiettivi politici che potrebbe realizzare: consolidare la scelta Russa di rimanere dalla parte dei paesi firmatari; offrire un punto di riferimento, politico e tecnologico, a paesi come la Cina, l’India e il Brasile, che aiuterebbe a mettere in discussione il modello di crescita e consumi su cui è stato avviato il loro impetuoso sviluppo; aiuta il popolo degli Stati Uniti ad eleggere un presidente che faccia della lotta all’effetto serra la principale ed unica “guerra” in cui sarà impegnato questo grande e potente paese; confermerebbe infine la leadership Europea.

Per mantenere la guida della lotta al riscaldamento globale è però decisivo che l’Europa realizzi ciò che dice. Sarebbe un importante messaggio al mondo e soprattutto alla sua parte povera se ad esempio riuscisse a realizzare gli obiettivi di Kyoto non ricorrendo o facendolo solo in minima parte ai meccanismi flessibili, cioè al mercato dei crediti di emissione. Per farlo determinanti saranno le decisioni che prenderanno paesi come l’Italia, in pratica quelli che sino ad ora sono stati la palla al piede delle scelte europee.

A Gennaio ci dovrebbe essere una verifica di governo. Sarebbe interessante sapere se fra gli argomenti su cui verificare se c’è accordo o no vi è la richiesta di una svolta nelle politiche energetiche e nei trasporti che mettano il paese nelle condizioni di rispettare Kyoto. Che non si tratti di un invito ad un ballo in maschera è evidente. Pensare in due anni di sottoporre l’economia e la società italiana ad una riduzione delle emissioni di CO2 quasi del 20% (6,5 di Kyoto più l’aumento del 13 di questi anni) richiede molto di più che fissare obiettivi ambiziosi di risparmio energetico, mobilità sostenibile e sviluppo delle rinnovabili. Servono molte altre cose: un impianto normativo efficace e semplice, scelte fiscali che penalizzino le vecchie energie (carbon Tax), una scuola ed una università all’altezza di questo compito, una rifondazione della ricerca, dare una nuova missione ad Eni, Enel ed Enea, avviare una critica al modo di consumare ed infine di ripensare l’idea che possa essere il mercato a promuovere una svolta di questo genere. Obiettivi quasi proibitivi, ma che danno un futuro al paese e proprio per questo vale la pena tentare di raggiungerli.


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