[20/12/2007] Comunicati

E´ un mondo complesso: se l´istruzione è a zero, il futuro è incerto

LIVORNO. A voler essere pessimisti, c’è il rischio di passare per ottimisti. Perché se la fotografia scattata dall’Ocse-Pisa sul livello di istruzione dei quindicenni italiani corrisponde alla realtà - senza voler generalizzare e consapevoli quindi dei tanti distinguo - , il quadro è assai più disperante di quello che si possa immaginare. Lo è per una serie interminabile di motivi che affonda la sue radici nel regresso implacabile delle capacità critiche delle nuove generazioni. Non sapere “perché il giorno si alterna alla notte”, come emerge dalle riposte degli studenti interrogati dall’indagine (o almeno del 62% di loro), non è solo un problema di cultura tout court, ma significa piuttosto aver perso persino la curiosità verso l’ignoto.

Quella che spinge (o dovrebbe spingere) ognuno di noi verso la conoscenza, fin da quando da bambini cominciamo a lottare contro una forza che mentre cerchiamo di alzarci in piedi, ci trattiene invece verso terra e domandiamo insistentemente: perché? Quella forza che fa cadere a terra noi e le cose, che regola l’universo e per conoscerne i segreti qualcuno (a partire da un certo Isaac Newton) ha dedicato tutta la propria esistenza riuscendo persino a misurarla (la forza di gravità ovviamente, pari a 9,8 m/s2).

Nessun pippone su com’era la scuola ai tempi in cui “Berta filava”, per carità, anche perché chi scrive ha poco più di trent’anni e un’esperienza da studente con luci e ombre sia a livello personale, sia a livello di insegnati (dalle elementari fino alle tesi di laurea). Di certo, invece, c’è che il sistema di istruzione nazionale (e non solo) è in declino già da diverso tempo e i dati Ocse purtroppo non sorprendono. Concorso di colpa, è in sintesi il pensiero anche del ministro Fioroni, con rimedi che vanno dai corsi di recupero fin dalle medie e di formazione straordinaria pure per i professori. I dati sono negativi principalmente sulle materie scientifiche e in particolare la matematica.

I numeri, però, si potrebbero anche rovesciare, nel senso che dire: un 15enne su 3 non sa interpretare una formula né leggere un grafico, vuol dire che due su tre lo sanno fare. E francamente non crediamo che in passato fosse così diversa la forbice, tanto che il punto ci pare un altro. Ovvero che invece di migliorare, questa situazione come minimo resta allo stesso livello del recente passato, mentre ci sarebbe bisogno – e ci sarebbe da aspettarsi - qualcosa di diverso e di migliore, visto che la nostra era viene definita come quella della società e dell´economia della conoscenza. Invece l’equazione più capacità economiche, più conoscenza non funziona e si assiste in parte all’esatto opposto. E c’è un altro campanello di allarme che balza agli occhi anche dalla cronaca dei giornali di oggi, ma che forse in pochi hanno incrociato con i dati Ocse: in Italia è boom dei giocatori di casinò.

Si parla di 30 milioni (Corsera pagina 8) di cui 700mila sono già in cura per “disintossicarsi”. E’ un altro sintomo di un declino, pure questo non solo italiano. Ci si affida infatti al gioco sperando di conquistare così l’accesso al paradiso sulla terra, sfiduciati probabilmente da un presente sempre più incerto, dove si sono perse le coordinate e anche quella capacità critica che impedisce di fare di un gioco, una ragione di vita (e il discorso potrebbe allargarsi oltre il tavolo verde, o le corse dei cavalli). Nei momenti più bui le persone si rivolgono quasi sempre al gioco d’azzardo (sperando di sbancare, matematicamente quasi impossibile) e a cartomanti e imbonitori (non a caso in grande ascesa negli ultimi anni). Si cerca la via facile di fronte a problemi complessi. Così gli adulti. E così i quindicenni. Che non possono che replicare un modello probabilmente già seguito dai loro padri (oggi 40enni, ieri yuppies) elevato già all’ennesima potenza in una sola generazione.

La generazione che qualche anno fa si chiamava X, ovvero quella appunto che mancava di un´identità sociale definita, e che ora è XY e sempre più confusa. Bombardata da immagini che vengono spacciate loro come realtà, modelli che non pongono limiti e divieti, sogni di una libertà che ci pare non essere mai stata così lontana da una generazione di 15enni. E che invece si troveranno di qui a breve a scontrasi con realtà complesse contro le quali questi ragazzi rischiano di picchiare forte la testa. Caduti in questa catalessi probabilmente figlia in parte anche del troppo "benessere" (consumistico) dei genitori, e comunque ancora non pronti ad affrontare la sfida del genere umano: lasciare un mondo almeno un po’ migliore di questo alle generazioni future.

Che significa spendersi per la sostenibilità ambientale, per la riconversione ecologica dell’economia, ovvero numeri, letture, studio. Riscoprendo il significato profondo di quell’obiettivo. Che non significa affatto non divertirsi, ma riscoprire la curiosità di capire cosa succede intorno a noi. Il perché delle cose. Il cosa si può fare, il cosa si deve fare, la capacità di scegliere e di sostenere un punto di vista argomentandolo. Riconoscere quando il bianco viene spacciato per il nero e viceversa. Non è un orizzonte impossibile, ma l’impegno è gravoso e servirebbe anche una reazione da parte di questi stessi ragazzi, certamente anche poco ascoltati e poco capiti. E figuriamomoci, se aiutati...



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