[20/12/2007] Acqua

Acqua pubblica ma vincendo la sfida dell´efficienza e dell´economicità

FIRENZE. Il “Patto sui servizi pubblici locali” doveva essere firmato lo scorso 13 dicembre, ma la conclusione appare incerta. Alcuni soggetti (tra cui le associazioni ambientaliste) non hanno firmato per ragioni molteplici e diverse; è di ieri la notizia (vedi greenreport) che l’Upi non firmerà. Le associazioni ambientaliste lo hanno criticato perché: (A) invece di dare grandi linee a cui richiamare la società toscana, è diventato un regolamento di una legge regionale che è ancora in discussione; (B) solleva problemi, come l’Ato unico per l’acqua sganciato dai bacini idrografici, che neanche la legge regionale potrebbe dirimere, o, come l’affidamento della gestione senza garanzie reali sul ruolo degli enti locali e sulla possibilità di prevedere quella pubblica.

Non affermando il diritto all’acqua come diritto primario, i processi di liberalizzazione aprono la strada a forme sostanziali di privatizzazione. Perciò le associazioni ambientaliste fin dall’inizio hanno criticata la stessa definizione di “servizio pubblico a rilevanza economica” che relativo al “bene comune acqua”, è, invece, di interesse generale (art. 43 della Costituzione). Inoltre, fatti recenti come la sottoscrizione dell’ ”Accordo quadro tra comuni consorziati in ATO 2, 3 e 6 per la gestione del servizio idrico integrato” del 24 novembre 2007, e l’emanazione della delibera dell’Autorità garante della concorrenza mercato dell’adunanza del 22 novembre 2007, segnalano, il primo, che la discussione sul “Patto” era superata dagli eventi in modo non condiviso, il secondo, che Acea Spa e Suez Environment S.A. «hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’Art. 1 del Trattato della Comunità europea (…)».

Non a caso, Ambiente e Lavoro e Legambiente sottoscrissero nel 2005 un documento con Cgil, Arci, Testimonianze, Cnca, dove si sosteneva che «Vanno ripensate tutte le politiche di liberalizzazione e privatizzazioni, definendo la proprietà pubblica di alcuni beni universali a partire dall’acqua che va considerato un bene primario e non una merce e favorendo la gestione pubblica in forma consortile e ripensando per questa via il ‘modello toscano’ di gestione della risorsa idrica».

L’acqua è un diritto primario e, in fase di consultazione sulla Plr, si deve riaprire una discussione sull´esperienza Toscana che è fatta di enti gestori Spa in cui gli enti locali hanno sì la maggioranza, ma l´esperienza ha dimostrato che i soggetti privati, con il 20 al 30% o anche meno, governano di fatto il settore. Poiché le risorse economiche disponibili sono le stesse, provenienti dalla tariffa, sia con gestione privata (Spa), che con gestione pubblica (consorzio di Ato), il privato per fare profitti deve aumentare la tariffa; ciò non basta e, a meno di non ricorrere a tariffe esorbitanti, si deve comunque ricorrere alla fiscalità generale (la tariffa copre circa la metà degli investimenti necessari).

Il gestore privato finisce con il godere di una rendita monopolistica e sorgono dubbi di fondo sul suo ruolo (nel Nord Europa per queste ragioni è in atto un processo di ripensamento). Infatti con la sola introduzione dell´Iva si hanno aumenti che vanno dal 20 al 25 % delle tariffe. Se si fanno investimenti ricorrendo al sistema bancario, i costi per i cittadini aumentano in base ai tassi; ciò porta ad un aumento delle tariffe intorno al 5/6%, il che vuol dire che in poco più di 10 anni esse raddoppiano, tenendo conto che il tasso composto di aumento in 10 anni è del 7%.

Nessuno propone di tornare alla gestione diretta, in economia, da parte degli enti locali ma l’acqua è un diritto pubblico la cui gestione integrata deve essere assicurata e come tale, nella forma consortile dell’Ato, vincere la sfida dell´efficienza e della economicità utilizzando al meglio i soldi dei cittadini, realizzando gli investimenti necessari ma senza aumenti esosi e sperequati, valorizzando al meglio il ruolo dei lavoratori del settore.



Torna all'archivio