[22/03/2006] Rifiuti

«Quasi trent´anni dopo, noi toscani sempre alle prese con le stesse denunce e gli stessi pericoli...»

Riceviamo da Giovanni Scarselli e pubblichiamo

FIRENZE. Vedo che il Presidente della Commissione amnbiente e territorio del Consiglio Regionale si adombra per una (malintesa) banalizzazione del lavoro svolto sul tema del governo dei rifiuti speciali. Lungi da me lo sminuire il lavoro (e i lavoratori) fatto con passione e competenza, mi sono limitato a riprendere, è vero, quasi testualmente, parte dei contenuti del Piano Regionale adottato con Delibera Giunta Regione Toscana n. 320 del 29/03/99. Che, poi, quel Piano sia stato il frutto dello sforzo propositivo di Legambiente Toscana e dell’allora presidente di Arrr è questione del tutto secondaria.
Ciò su cui è importante riflettere è che da sette anni, la Regione Toscana, si è data gli obiettivi che riporto testualmente.

Gli obiettivi del presente Piano sono:

- la determinazione di un quadro di conoscenze relative alla quali-quantificazione della produzione di rifiuti speciali anche pericolosi nel territorio regionale, anche attraverso ulteriori verifiche da effettuarsi in occasione della predisposizione dei Piani Provinciali di gestione;

- l’indicazione di modalità e processi di riduzione alla fonte della produzione di rifiuti speciali anche pericolosi;

- lo sviluppo di azioni di recupero-riutilizzo all’interno dei cicli di produzione anche attraverso incentivi all’innovazione tecnologica;

- l’innesco di rapporti orizzontali fra industrie e attività economiche diverse, finalizzati a massimizzare le possibilità di recupero reciproco degli scarti prodotti all’interno di ogni Ato;

- l’implementazione e/o la realizzazione di un’impiantistica di gestione finalizzata alla riduzione della pericolosità dei rifiuti speciali anche pericolosi prodotti all’interno di ogni Ato;

- l’implementazione, l’adeguamento e/o la realizzazione di una adeguata impiantistica di smaltimento tesa a minimizzare il trasporto dei rifiuti, a ridurre gli impatti e a offrire servizi economicamente vantaggiosi all’apparato produttivo della regione.

Se confrontiamo quanto sopra con ciò che scrive D’Angelis nella sua risposta, ne conseguono queste sostanziali considerazioni sulle quali, credo, è difficile non convenire:

1) I rifiuti speciali hanno continuato ad essere oggetto di una tacita conventio ad excludendum dal novero dei problemi da governare;

2) Il problema del regime giuridico-normativo (diverso da quello degli urbani), per il quale gli speciali possono «viaggiare» non essendo bacinizzabili, in verità temperato dalle indicazioni di legge e di Piano con il principio di «prossimità», dovrebbe essere stato, ed essere, un motivo in più per mettere in campo una offerta impiantistica che non obblighi ad andare in Germania per smaltire un chilo di amianto;

3) Infatti, la «realizzazione di una adeguata impiantistica di smaltimento» veniva richiamata nel Piano proprio per evitare o minimizzare «il trasporto dei rifiuti, ridurre gli impatti e a offrire servizi economicamente vantaggiosi all’apparato produttivo della Regione»;

4) Il punto di discussione non può essere dunque sulla necessità di «recuperare alla svelta i ritardi delle Province», «tappare le troppe falle nella ‘contabilità’», «rafforzare l’azione di controllo e avere una rigorosa tracciabilità». Tutte cose, certo non banali, sulle quali non si può che essere d’accordo anche se ripetute dopo sette anni;

5) Il punto di discussione è che tutte quelle cose, anche se realizzate, in assenza di una calibrata offerta impiantistica regionale possono, al massimo, far fare qualche conferenza stampa in più e con maggior cognizione di causa, ma non concorrere a dare soluzione al problema. Insomma, invece di Tafazzi, si potrebbe citare Catalano: ma si controlla di più e meglio (e si spende di meno) se i luoghi di trattamento-recupero-smaltimento sono prossimi alla produzione di questi rifiuti, oppure se con i satelliti si accompagnano i camion di amianto in Germania? E perché, non una sola proposta operativa (veniva citato ad esempio, «un modulo per i pericolosi ogni discarica esistente») viene ripresa da quelle indicate in quel Piano?

Francamente, dobbiamo chiederci tutti come mai, questa volta a distanza di ventisei anni, dal dibattito proposto al Consiglio Regionale da parte di Marco Marcucci (ora sindaco di Viareggio, allora assessore regionale all’ambiente), siamo costretti alla ri-produzione delle stesse denunce e degli stessi pericoli con l’aggiunta dell’enfasi sul monitoraggio e la tracciabilità di queste e di quelli.

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