[27/12/2007] Urbanistica

Lo tsunami dimenticato dei profughi ambientali

LIVORNO. A tre anni dallo tsunami che sconvolse le coste asiatiche raggiungendo anche quelle africane, dopo il grande moto di emozione solidarietà, le sorti di quelle popolazioni e del delicato e maltrattato ambiente delle coste indiane, indonesiane, tailandesi e dello Sri Lanka sono tornate a costituire immagini di esotiche cartoline. A ricordarci della fragilità di quei territori arrivano gli echi lontani di terremoti, eruzioni vulcaniche, terribili tifoni e alluvioni assassine. E a ricordarci che la solidarietà momentanea ed emozionale e la carità compassionevole devono fare i compiti con regimi che traducono brutalmente e impunemente le regole della globalizzazione economica arrivano le notizie dallo Sri Lanka rilanciate dall’agenzia missionaria AsiaNews.

Nell’isola nella quale qualcuno individua il perduto paradiso terrestre, la popolazione non deve fare i conti solo con la rivolta ed il terrorismo delle Tigri tamil e la feroce risposta dell’esercito nazionale, «Nel distretto di Colombo – spiega ad AsiaNews Sugala Kumarie, coordinatore della Commissione per la pianificazione della popolazione - sono state tolte agli accampamenti le forniture di elettricità e idriche. E nel distretto di Matara, nel meridione del Paese, funzionari pubblici hanno ammonito i profughi a lasciare i campi entro il 23 dicembre. Il governo vuole dire che lo Sri Lanka è lo Stato che ha meglio affrontato il problema delle vittime dello tsunami».

I profughi vengono allontanati anche con la minaccia di funzionari governativi di riprendersi i due milioni e mezzo di rupie (circa 2 mila euro) che sono stati distribuiti qualche giorno fa a diverse famiglie come un indennizzo per i danni causati dallo tsunami. Ma i soldi concessi (in realtà molto meno della cifra ufficiale) si sono rivelati un indennizzo per lasciare i campi profughi e per costruirsi una casa.

Il problema è che nessuno dei profughi ha ormai più un terreno dove costruire una nuova abitazione con i poco meno di 450 dollari che restano dopo che i corrotti funzionari governativi e locali hanno pesantemente decurtato i finanziamenti ufficiali.

I campi costituiscono appetitose aree di espansione edilizia già urbanizzate con infrastrutture essenziali e fanno gola a molti, così I profughi sono letteralmente cacciati sulla strada e molto probabilmente andranno a costituire o ad ingrossare qualche bidonville di legno e lamiera per non disturbare troppo con la loro miserevole presenza il turismo che ricomincia ad occupare con lussuosi resort le coste spogliate dai mangrovieti dove prima vivevano e pescavano conducendo una vita povera ma dignitosa.

Nel distretto della capitale Colombo ci sarebbero ancora 15 campi dei profughi ambientali dello tsunami, altri 5 si troverebbero nel distretto di Matara e migliaia di famiglie senza casa vivono in condizioni di estrema miseria e senza un riparo nel nord est del Paese esposte alla guerra infinita tra Tamil e governo centrale.

L’impossibilità di ritornare ai luoghi di origine sta generando una spirale di criminalità ed i profughi dello tsunami sono diventati un problema da risolvere semplicemente scacciandoli.

Lo tsunami sta diventando nello Sri Lanka un tragico e vergognoso esempio di come un governo insensibile possa trasformare un grande moto mondiale di solidarietà per un colossale disastro ambientale nell’occasione per consegnare pezzi interi di territorio alla speculazione immobiliare e turistica, emarginando “inutili” pezzi di popolazione inservibili, anzi di intralcio, alla crescita.


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