[04/01/2008] Comunicati

Nel nuovo codice dell´ambiente i princìpi del diritto ambientale

LIVORNO. Il nuovo Codice ambientale approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 21 dicembre 2007, porta con sé una grande novità per il nostro ordinamento giuridico: introduce e codifica i principi generali sulla produzione del diritto ambientale. Il principio di precauzione, di prevenzione, di correzione dei danni ambientali in via prioritaria alla fonte, di “chi inquina paga” e dello sviluppo sostenibile d’ora in avanti costituiscono le regole generali della materia ambientale nell’adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell’emanazione degli atti di natura contingibile e urgente.

La parte prima del Dlgs 1562/06 ora denominata “Disposizioni comuni e principi generali” non è più composta da solo tre articoli ma a questi se ne aggiungono altri cinque.
I principi generali assumono una grande importanza nella produzione del diritto dell’ambiente per tre motivi fondamentali. Prima di tutto perché il diritto all’ambiente proprio per la rapidità e la trasversalità della sua formazione, ha bisogno di punti fermi generalmente condivisi e stabili che permettono di coordinare e organizzare la materia.

Poi perché le disposizioni normative o regolamentari che si riferiscono indirettamente o direttamente all’ambiente costituiscono una massa in crescente espansione la cui sistemazione diviene assai ardua senza norme di livello indiscutibilmente superiore e di carattere generale che permettono l’orientamento e una classificazione.
E infine perché i principi, a differenza delle norme vincolanti, sono formulati in modo sufficientemente astratto da permettere a ciascuno di sentirsi in dovere di rispettarli (o più spesso di pretendere di rispettarli) senza incorrere in sanzioni o verifiche di carattere giurisdizionale.

In altre parole i principi del diritto all’ambiente ancor più se codificati e messi nero su bianco in un testo giuridico, costituiscono un insieme di regole non direttamente produttivo di vincoli giuridici o obblighi, ma tuttavia dotato di una consistente forza persuasiva che può condurre alla formazione di diritto positivo vincolante.

Ed è proprio in questo modo che anche l’ordinamento italiano – che nella propria Costituzione non prevede esplicitamente l’ambiente come un valore in sé – inizia a concepire (almeno in teoria) il diritto ambientale in modo polivalente assumendo come punto focale non solo l’aspetto oggettivo (costituito dalla tutela del territorio, del paesaggio, degli ecosistemi, delle risorse naturali) e l’aspetto soggettivo antropocentrico (costituito dalla protezione della popolazione dall’inquinamento e dunque della tutela della salute) ma, anche quello dello sviluppo sostenibile.

Questo aspetto pone quindi come contenuto e fine del diritto dell’ambiente la creazione di standard equi per l’uso delle risorse naturali e di regole adeguate per l’integrazione del fattore ambiente nelle politiche economiche e sociali (almeno in teoria). In altre parole il principio dello sviluppo sostenibile pone in luce che l’oggetto del diritto dell’ambiente non è, se non in senso traslato, l’ambiente, ma la regolamentazione della presenza e della attività umana in quanto incide in modo qualitativamente sensibile e quantitativamente rilevante sull’ambiente.

Del resto l’ambiente come lo definisce una storica sentenza della Corte di Giustizia internazionale del 1999 “non è una astrazione, ma rappresenta lo spazio vitale, la qualità della vita e la salute degli essere umani incluse le generazioni future”.

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