[16/01/2008] Comunicati

Papa, Sapienza, etica e scienza

LIVORNO. Alla fine il Papa alla Sapienza non ci andrà. Questo è l’epilogo di una vicenda aperta da una lettera di Marcello Cini inviata al rettore dell’ateneo romano - uno dei più prestigiosi del nostro paese, in cui Cini ha svolto la sua carriera di fisico - per invitarlo a rivedere l’invito fatto al pontefice in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico che ci sarà domani. Un invito che prevedeva in un primo momento una lectio magistralis del Papa alla presenza del ministro Mussi, trasformata poi in un intervento da parte di Ratzinger dopo che la cerimonia di inaugurazione, fatta dal ministro, si era conclusa.

«Un problema più di immagine che di sicurezza» motiva così il Vaticano la decisione. «Uno sbaglio aver creato le condizioni per cui il Papa abbia dovuto rinunciare» commenta il ministro dell’Università Fabio Mussi. Di errori in questa vicenda - a dire il vero- ce ne stanno da tutte le parti. E alla fine il ruolo della vittima lo fa il pontefice, la cui posizione oscurantista nei confronti della scienza era stata il motivo delle proteste verso la sua presenza all’inaugurazione dell’anno accademico, mentre ad essere tacciati di oscurantismo – vero paradosso - sono adesso i 67 professori che avevano firmato la lettera di Cini.

Una vicenda che riporta appieno alla difficile dialettica tra scienza e religione, su cui il confronto-scontro è aperto sin dai tempi di Cartesio, e sulla laicità della scienza, richiamata nell’appello dei professori dell’università La sapienza. Così come difficile è riuscire a mantenere fede alla laicità dello Stato. Il tema della laicità dello Stato è sancito in maniera solenne dalla nostra costituzione, ma non è cosa facile l’applicazione di questo principio, avendo nel cuore della capitale il Vaticano ed essendo il Papa, oltre che suo capo di Stato, anche il pastore della più diffusa organizzazione religiosa a livello mondiale. Ma la sua applicazione è difficile anche perché il tema della laicità sconfina spesso con quello dell’etica, che - per mantenere un approccio laico - andrebbe declinata dalla sfera dei comportamenti individuali (etica soggettiva) a quella delle azioni e dei valori comuni (etica oggettiva). Problema effettivamente non semplice da risolvere ma che andrebbe tenuto in conto sia quando si ha a che fare con temi che riguardano la fede sia quelli che riguardano la scienza. E che concerne i limiti che nell’uno e nell’altro caso è giusto, corretto, necessario (a seconda di come la si pensi) porre alle azioni e all’attività umana. Nel caso della religione è piuttosto palese il pensiero che guida – e che esprime in particolare questo Papa - alla riaffermazione del ruolo prioritario di essa sulla scienza, che risulterebbe quindi un ambito parziale di conoscenza. Di conseguenza anche l’etica dovrebbe essere posta ad un livello gerarchico superiore nella disciplina delle cose umane. Ergo l’etica che deriva dalla religione dovrebbe guidare le cose terrene. Tutte.

Nel caso della scienza, la questione dei limiti si riconduce a chi ha una visione che pone la scienza come unica portatrice di verità assolute (e per questo oggettiva) e chi invece in maniera più “laica”- potremmo dire - si pone il problema di indagare quali limiti è bene mettere non tanto alla conoscenza, ma alle applicazioni che da essa, grazie alla tecnologia, possono derivare.
Il caso della bistecca clonata di cui si discute in questi giorni, ne è un esempio molto calzante: quale deve essere in questi casi l’approccio da tenere? Quello di chi pone la questione di mettere un freno allo sviluppo di queste pratiche adducendo motivi non solo di natura etica, ma anche di sostenibilità,o quello di chi invece plaude perché ne vede la garanzia di salubrità standardizzata?
O nel caso della diffusione degli organismi geneticamente modificati, deve valere di più la preoccupazione di chi ne vede l’aspetto legato alla brevettabilità e alla estensione dei diritti di proprietà intellettuale con la conseguente minaccia di mercificazione di ogni aspetto della vita individuale e sociale con disparità di profitti e benefici, oppure di chi ne vede la frontiera scientifica e tecnologica del futuro che potrà portare solo benefici all’umanità?

Domande cui non è facile rispondere mantenendo un atteggiamento oggettivo, così come sarebbe inammissibile che la risposta venisse con l’apposizione di un meccanismo etico sovraordinato. Ma è sbagliato anche negare che il problema esista e bollare di oscurantista chi - come gli ambientalisti - osa sollevarlo e pone la necessità di orientare la ricerca scientifica e l’applicazione tecnologica sia in termini etici che di sostenibilità.


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