[23/01/2008] Parchi

Gas e petrolio, pericolo sempre più grave per l’ambiente Artico

LIVORNO. L’Artico produce già oggi un decimo del greggio e un quarto del gas del mondo, e l’80% di quel petrolio e il 99% di quel gas vengono dalla Russia. Ma questo non è niente rispetto alle stime degli esperti che dicono che sotto i mari e lungo le coste della regione artica si troverebbero un quarto delle risorse petrolifere mondiali non ancora scoperte.

Secondo il rapporto Arctic Oil and Gas 2007, pubblicato dall’Arctic Monitoring and Assessment Programme (Amap) per conto del Consiglio Artico che riunisce 8 nazioni (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Usa), lo sfruttamento di queste immense ricchezze rappresenta un pericolo sempre più importante per il selvaggio ambiente artico che si rimette molto lentamente dall’inquinamento prodotto dalle maree nere e dalle conseguenze dell’estrazione di gas e petrolio.

«Le macchie di petrolio possono uccidere un gran numero di animali – si legge nel rapporto – e creare così una contaminazione a lungo termine che può colpire le popolazioni e gli ecosistemi per molti decenni. Con l’aumento della domanda mondiale, l’attività di estrazione di gas e di petrolio nella regione dovrà aumentare. L’Artico è sovente considerato come particolarmente vulnerabile alle maree nere perché i suoi ecosistemi freddi si rimettono molto lentamente da queste catastrofi petrolifere, ed è molto difficile ripulire queste regioni isolate e ghiacciate, soprattutto nelle acque del mare dove il ghiaccio è presente».

L’Amap è stata creata nel 1991 per applicare una parte della strategia di protezione ambientale dell’Artico, fornendo informazioni riguardanti i rischi per l’ambiente e consigliando i governi sulle azioni preventive per gestire i contraccolpi su flora, fauna, suolo, gruppi etnici, delle attività economiche che si sviluppano in una delle aree più delicate del pianeta. Al rapporto Arctic Oil and Gas ha lavorato dal 2002 un centinaio di scienziati e porta la data del 2007 perché la pubblicazione prevista per l’anno passato era stata bloccata da Russia e Svezia.

La discussione è stata particolarmente accesa intorno alla definizione delle zone vulnerabili dell’Artico e il rapporto ne menziona in particolare due: il mare di Barents e quello di Bering. Il rapporto Amap spiega che «mentre le attività di routine per lo sfruttamento di gas e di petrolio hanno prodotto relativamente poche contaminazioni da idrocarburi, le maree nere sono una cosa totalmente differente» e ricorda alcuni gravi episodi di inquinamento che hanno colpito le terre dell’Artico, come quello del 1994 nella repubblica di Komi, in Russia, che fu provocato dalla rottura delle condotte petrolifere, ma tranquillizza sul fatto che «fino ad oggi non ci sono state grandi maree nere nell’ambiente marino artico a causa delle attività di estrazione di gas e petrolio». Ma è concreto il rischio che accadano incidenti gravissimi come quello del 1999 provocato in Alaska dalla petroliera Exxon Valdez oppure le maree nere che colpiscono periodicamente il Mare del Nord che, secondo il rapporto, «danno una certa indicazione degli impatti potenziali di tali maree nere nell’Artico».


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