[31/01/2008] Parchi

Gli alieni sono tra noi

BRUXELLES. I ricercatori che dal 2005 lavorano al progetto Delivering alien invasive species inventories in Europe, Costituzione di inventari delle specie invasive aliene in Europa (Daisie), finanziato dall’Unione europea, hanno elaborato un inventario che censisce per la prima volta più di 10 mila animali e piante non autoctone che vivono tra noi.
Una banca dati che contiene informazioni sull´origine, la dieta, l´habitat, la data di arrivo e l´impatto economico ed ecologico di ogni specie e la cui versione completa sarà disponibile nel 2009, intanto i dati già disponibili sono visibili sulle schede informative del sito internet di Daisie.

Spesso si tratta di animali e piante che ormai sono diventati presenza abituali: quasi due terzi delle specie catalogate si trovano in ambienti antropizzati o seminaturali come case, i campi, i parchi e i giardini. Alcuni animali sono stati introdotti per cacciarli o pescarli, le piante spesso a scopo ornamentale.
Un uccello africano, il verde parrocchetto dal collare (Psittacula krameri) è ormai una presenza abituale nei parchi urbani di mezza Europa, anche in Italia, dove ha creato vere e proprie colonie come a Trieste, ma questi chiassosi pappagalli entrano in competizione con i nostrani passeri o gli storni, ma anche con il più esigente ed elusivo picchio muratore europeo.

La cozza zebrata (Dreissena polymorpha) è arrivata ormai nel lago toscano di Bilancino e in Europa sta sta causando problemi ecologici, sostituendo gli ormai rari molluschi di acqua dolce ed ostruendo scarichi civili ed industriali.
Aise sta studiando anche un aspetto finora trascurato: l’impatto degli alieni sugli insetti, e in generale gli invertebrati, del nostro continente.

Il gruppo di ricercatori ha finora trovato 1.517 specie di invertebrati terrestri introdotti in Europa e finora si riteneva che invertebrati fossero stati introdotti deliberatamente per la lotta biologica in agricoltura.
«Siamo rimasti alquanto sorpresi - ha detto al Notiziario Cordis Alain Roques, dell´Istituto nazionale francese per la ricerca agricola che ha , ha coordinato l´équipe che si è occupata degli invertebrati terrestri - In realtà, solo il 10% degli invertebrati era stato introdotto a tal fine e, pertanto, il 90% è arrivato come contaminante, ad esempio sulle piante importate, oppure ha approfittato di un passaggio, come un vero e proprio autostoppista.»

Un esempio di passeggero abusivo non proprio piacevole è la zanzara tigre asiatica (Aedes albopictus), vettore di malattie come dengue, chikungunya e virus del Nilo occidentale, che è arrivata in Europa nell’acqua depositata nei copertoni usati, ad esempio, diffondendosi in Italia e nei Balcani occidentali.

Circa 37% degli invertebrati invasori sono di origine tropicale o subtropicale e riescono a sopravvivere da noi solo grazie all’innalzamento delle temperature prodotte in Europa dal cambiamento climatico, un’ondata di caldo che è destinata a portarci altri alieni che scavalcheranno il Mediterraneo.
Secondo Roques «il cambiamento dei modelli commerciali fa sì che l´Asia sia ora il principale fornitore di specie invasive. Circa il 30% degli invertebrati esotici proviene da questo continente e, con l´incremento delle relazioni commerciali con l´Asia, questa cifra è destinata a crescere. L´evolversi delle tendenze può inoltre influire sulla tipologia dei prodotti in arrivo; la moda sempre più diffusa dei bonsai, infatti, fa sì che questi alberi in miniatura ora siano un vettore più importante dei tronchi. Le piante da acquario e i fiori recisi sono a loro volta veicoli importanti per gli autostoppisti».

E’ importante capire quali siano i fattori influiscono sulla probabilità che una specie arrivi in Europa, sopravviva, si diffonda e abbia un impatto ecologico, economico o sanitario e soprattutto riuscire ad individuare al più presto i nuovi arrivi. «Solitamente si registra un ritardo tra il momento in cui la specie arriva e quello in cui viene registrata per la prima volta - spiega Roques - Quando la specie viene identificata, è spesso troppo diffusa per poter essere eradicata senza difficoltà».

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