[01/02/2008] Comunicati

Il nuovo flop di Honolulu

LIVORNO. Si è conclusa la seconda Conferenza delle grandi economie sulla sicurezza energetica e il cambiamento climatico, voluta dal governo Usa ad Honolulu, fatta soprattutto di incontri a porte chiuse tra i rappresentati delle grandi economie mondiali, colloqui riservatissimi ma che hanno ugualmente lasciato filtrare un diffuso scetticismo sulla possibilità di ridurre davvero i gas serra. Come se i 16 paesi riuniti alle Hawaii insieme ad Onu ed Unione Europea, lontano dagli occhi dei Paesi più poveri che affollavano a dicembre la conferenza di Bali, davanti alle spiagge ed ai lussuosi grattacieli di un’Oceania americana, si fossero dimenticati quanto sia urgente rispondere a quelle proteste e preoccupazioni.

Sembrerebbe un nuovo flop, dopo l’insuccesso sostanziale di una riunione simile che Bush organizzò a Washington nel settembre 2007. Un rappresentante dell’Ue ha detto che gli incontri sono stati costruttivi, ma le differenze restano, su quali siano però bocche cucite. Eppure l’incontro di Honolulu era stato voluto dall’amministrazione Bush proprio per far avanzare i negoziati sui cambiamenti climatici in vista del summit di Copenaghen del 2009, quando l’Onu dovrebbe fissare gli impegni per il post-Kyoto.

Forse pesano le accuse di alcuni Paesi europei e degli ambientalisti agli Usa di voler utilizzare gli incontri tra le grandi potenze economiche del pianeta per mettere insieme un inattaccabile gruppo di pressione che saboti gli impegni e la road map di Bali sul cambiamento climatico per la riduzione dei gas serra. Ma probabilmente, come già accaduto a Davos, a pesare ancora di più sul summit di Honolulu è stata la crisi finanziaria mondiale, con i Paesi economicamente più sviluppati che sembrano più intenti a ricalibrare la loro competitività economica che a ricordarsi degli impegni e degli allarmi di Bali o del rapporto Stern.

Sembra servito a poco l’appello del segretario esecutivo della Convenzione Onu sul cambiamento climatico (Unfcc) che ha esortato i Paesi sviluppati a sforzarsi di risolvere problemi legati al global warming ed a prendersi le loro responsabilità sulla riduzione dei gas serra. «E’ sicuro che i Paesi industrializzati continuano ad essere i principali responsabili nel settore della riduzione delle emissioni – ha detto Yvo De Boer – Spetta alle principali grandi economie trovare una soluzione che assicuri misure contro il cambiamento climatico che esigono gli scienziati. Per far fronte alle sfide legate al cambiamento climatico, è necessario un cambiamento radicale al fine di assicurare l’avvenire dell’economia mondiale, si tratta evidentemente di cambiamenti accompagnati da numerose opportunità. E’ importante guardare alla speranza delle comunità vulnerabili nei Paesi meno sviluppati, quelli che non contribuiscono per nulla al cambiamento climatico, e che saranno I più colpiti».

La conferenza di Honolulu è stata vivacizzata anche dalle contestazioni dei manifestanti riuniti davanti al East-West Center, l’edificio dove si è tenuto il summit, che inalberavano cartelli e striscioni con su scritto «energia pulita per i nostri bambini» e «il petrolio non è energia pulita». Studenti e cittadini di Honolulu hanno organizzato una manifestazione in un parco al centro della città, riuniti sotto lo slogan «Save my». Jeff Mikulina, direttore di Sierra Club, la più grande associazione ambientalista degli Usa, ha detto che «l´inazione sul cambiamento climatico condurrà a catastrofi naturali nelle Hawaii».


Torna all'archivio