[28/03/2006] Rifiuti

L´Italia dei rifiuti secondo il presidente della Commissione parlamentare d´inchiesta

ROMA. Più ombre che luci per l’Italia dei rifiuti, almeno secondo quanto è emerso dalla Commissione parlamentare d´inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, che per cinque anni ha lavorato e girato la penisola per individuare criticità ed eccellenze, con analisi critiche, approfondimenti tecnico-scientifici e normativi, con l’obiettivo di fotografare la situazione reale del Paese e migliorarne le performance.
Al presidente della commissione, il deputato di Forza Italia Paolo Russo (nella foto), abbiamo chiesto di fare il punto su questi cinque anni di lavoro, e di raccontarci quali sono le criticità più gravi emerse dall’inchiesta.
«Quando siamo partiti – dice Russo – pensavamo tutti che la vera emergenza sarebbe stata quella indicata dalle foto e dai filmati che hanno fatto il giro del mondo, con città del Mezzogiorno come Napoli invase dai rifiuti. In realtà ci siamo accorti che nella maggior parte dei casi si trattava solo di incapacità gestionale, funzionale, organizzativa e talvolta anche politica, almeno nel comprendere e disegnare un’agenda di interventi risolutori. La vera emergenza nazionale è rappresentata dal sistema di smaltimento dei rifiuti speciali: quantità enormi, vere e proprie colline di rifiuti speciali che non si ritrovano nelle forme regolari di smaltimento. E se in alcuni casi si può pensare ad errori nella compilazione dei mud e dei formulari, il grosso prende strade illecite di smaltimento, con le soluzioni più fantasiose: un tempo c’era il giro bolla, ora c’è sempre di più l’utilizzo dei codici prevalenti, sono sistemi che rendono enormemente perché il rifiuto resta lo stesso ma si modifica nel cartaceo e molto spesso i luoghi di stoccaggio costituiscono pericolosi imbuti dove queste operazioni passano inosservate…».

I numerosi fenomeni di illegalità che avete rilevato come commissione sono figli anche di una carenza strutturale impiantistica del nostro Paese?
«Questo è vero solo in parte, perché non sempre il nesso di correlazione è strettissimo. Le faccio un esempio: nel Veneto pur essendoci capacità infrastrutturale e impiantistica, una quantità significativa di rifiuti prende la strada delle Puglie. Gli impianti non sono quindi l’elemento di serenità che da solo risolve il problema, la verità è che il traffico illecito dei rifiuti è un delitto di profitto: più alto è il costo di smaltimento tecnologico, più alto è il delta di guadagno delle organizzazioni criminali».

Che tipo di organizzazioni?
«Un tempo questo traffico era controllato dalle mafie che conosciamo bene, oggi però tutte le più recenti attività di indagine indicano forme diverse, che noi della commissione abbiamo ritenuto più pericolose: e cioè una sorta di consorteria criminale di imprenditori senza scrupoli, deviata, attratta solo dal lucro, che chiude totalmente gli occhi sui problemi ambientali. Per noi addirittura più pericolosa di mafia, camorra, ‘ndrangheta e Sacra corona unita perché meno connotabile, più vicina alle istituzioni, più difficilmente inquadrabile, invasiva e dilagante. E in ogni parte d’Italia».

Che tipo di controlli vengono fatti? Non ritiene che sarebbe utile controllare anche le aziende che producono i rifiuti invece di concentrarsi quasi esclusivamente sulle imprese che li trattano?
«Il vero problema sul fronte dei controlli è che l’attenzione è molto modesta. Quando noi pensiamo ai controlli li aspettiamo però quando siamo già in sede penale Io dico un’altra cosa: sono scarsissimi i controlli preventivi, quelli che devono fare le pubbliche amministrazioni, in primis le province ma anche le regioni. Quindi i controlli non mancano solo alla fonte della produzione, mancano a tutti i livelli, anche nei confronti di chi tratta i rifiuti. le attività di controllo ordinarie, alla produzione, ma anche di chi tratta. Non v’è dubbio poi, che si debbano attivare semplificazioni nei percorsi amministrativi, ma accanto a questo serve anche una rete di controlli più serrata, capace di individuare ogni atteggiamento illecito. E questo l’unico rammarico che abbiamo come commissione: non essere riusciti a inserire il delitto ambientale nel codice penale. Una priorità che comunque sarà riproposta nella prossima legislatura, chiunque sia al governo, perché sui temi dell’ambiente è assolutamente necessario tenere un atteggiamento trasversale, come abbiamo fatto in questi cinque anni di commissione».

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