[04/02/2008] Comunicati

Comunicare che ambiente che fa

LIVORNO. Sono più di trent’anni, per precisione dal 1972, con l’adozione della Dichiarazione di Stoccolma, che per la prima volta la comunità internazionale afferma l’importanza dell’educazione e dell’informazione ambientale quali strumenti essenziali per la tutela e la valorizzazione dell´ambiente. In questi trent’anni il diritto all’informazione e quindi la necessità di una corretta comunicazione ambientale ha conosciuto passaggi sempre più puntuali ed una notevole evoluzione. Senza dubbio in quantità, non sempre e non necessariamente, come conseguenza, anche in termini di qualità.

Dopo lunghi periodi di buio quasi assoluto, infatti l’ambiente ha conquistato sempre più spazio sui media (dato senza dubbio positivo), non sempre però come elemento su cui basare un nuovo approccio culturale o come volano di uno sviluppo diverso da quello attuale. Sempre più spesso infatti l’ambiente “fa notizia” perché legato a fatti che lo riguardano in maniera negativa: l’esempio della spazzatura di Napoli che “tiene” la prima pagina anche dopo un mese di crisi acuta, nei quattordici anni di emergenza, ne è un esempio. E difficilmente con la comunicazione si riesce partendo da un dato negativo (la notizia) a trarne prospettive di cambiamento in positivo. Questo dipende infatti da come la comunicazione viene intrapresa e quali sono i soggetti cui viene affidato il messaggio.

Ma quale è appunto il modo con cui le questioni ambientali vengono comunicate e soprattutto, il modo in cui la comunicazione viene fatta assolvere al compito alto che a livello internazionale sempre più puntualmente viene affidato, come strumento per far crescere la tutela, la valorizzazione dell’ambiente, la sostenibilità dello sviluppo, e quindi comportamenti conseguenti a questo obiettivo?

La risposta è (purtroppo) ancora non sufficientemente positiva, perché si rileva quasi sempre una informazione troppo imprecisa e approssimativa rendendo gioco forza imprecisa e approssimativa la comunicazione (che è interlocuzione!) stessa. Oppure le informazioni vengono affidate a personaggi altamente qualificati ad esprimersi con competenza su alcuni temi, ma assai poco attrezzati a farlo su altri. Confondendo spesso il fatto che di per sé la posizione di opinion leader, possa essere utile per trasmettere messaggi corretti anche su temi in cui gli stessi personaggi che incarnano questo ruolo non sono affatto ferrati.

Con il rischio (reale) che in una questione contesa si formino fazioni che si contendono il primato della verità assoluta, schierandosi dietro l’immagine di questo o quel personaggio. Su cui si innesta anche la convinzione personale di chi agisce per mestiere l´informazione generica, che finisce per omettere o dare minor peso ad elementi che sembrano mediaticamente di dettaglio ma che sono operativamente centrali.

Ad esempio le raccolte differenziate senza impianti ( di selezione, di compostaggio, di recupero ecc.....) sono solo un pezzo della verità e delle necessità, ma i secondi non vengono mai citati perchè anche su quelli (non solo sulle discariche o gli inceneritori) si esprime un´alta conflittualità locale e sociale.

Meccanismi che diventano sempre più frequenti: dalla questione della gestione dei rifiuti, a quella delle competenze sulla tutela del paesaggio, dal tema energetico a quello dei trasporti.

In tutto questo a rimetterci per prima è proprio la completezza ( e quindi la correttezza) dell´informazione, ovvero quella che senza banalizzare dovrebbe contribuire a semplificare concetti spesso complessi (tanto da essere conosciuti e compresi da addetti ai lavori esperti) così da dare gli elementi idonei a far crescere opinioni su determinati temi. Senza pregiudizi o omissioni.

Ovvero mettere tutti i soggetti nelle condizioni di accedere alle informazioni disponibili, scambiare opinioni ed esprimere le proprie idee per contribuire effettivamente alle decisioni. Dare voci ai diversi punti di vista richiede tecniche, in alcuni casi risponde ad un vincolo di legge, più spesso ad un obbligo morale, ma sostanzialmente è la condizione migliore per trovare soluzioni per i problemi complessi che la società deve affrontare. Su cui poi, però, chi è delegato ad amministrare deve agire le scelte conseguenti sapendo che l´unanimità non solo non è possibile, ma neanche è auspicabile.

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