[04/02/2008] Comunicati

Radon, in arrivo una legge nazionale?

LIVORNO. Il Piano nazionale radon consiste in un insieme coordinato di azioni volte a ridurre il rischio di tumore polmonare associato all´esposizione al radon, un gas nobile inodore e incolore che si trova naturalmente nel sottosuolo e la cui esposizione, nel tempo, può provocare gravi danni alla salute umana.

Alla fine del 2005 il Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie ha approvato il progetto Pnr-Ccm che prevede la valutazione dei rischi associati all´esposizione al radon, l´istituzione dell´archivio nazionale radon presso l´Iss, lo sviluppo delle indagini sulla distribuzione territoriale della concentrazioni di radon negli edifici, la messa a punto e l´avvio di un piano di informazione della popolazione e di gruppi specifici, la produzione di linee guida e la predisposizione di adeguamenti normativi.

Responsabile scientifico del progetto è Francesco Bochicchio (Nella foto) dell’Istituto superiore di sanità, che nei giorni scorso ha organizzato un convegno proprio per presentare questo piano nazionale e a lui chiediamo di spiegarci in cosa consiste questo progetto che ha ottenuto un finanziamento di 800mila euro, partendo proprio dal cuore del problema: la valutazione dei rischi associati all’esposizione al radon, che risulta essere la seconda causa di tumori al polmone dopo il fumo delle sigarette.

«Partiamo subito dai numeri. Noi abbiamo stimato che in Italia ogni anno circa 3100 casi di tumore al polmone siano attribuibili all´esposizione al radon, sui 30mila totali, che sfociano poi quasi sempre in un decesso. La stima di 3100 casi è affetta da incertezze dovute a molti fattori ma possiamo dire che il valore vero è sicuramente compreso tra i 1100 e 5500 casi all´anno. Inoltre la sua ultima affermazione va precisata: non è che il radon "da solo" è il secondo motivo di morte per tumore al polmone, in quanto bisogna tener conto che vi è in effetto sinergico e moltiplicativo tra radon e fumo di sigaretta. Ad esempio, a parità di esposizione al radon, un fumatore maschio che fuma un pacchetto di sigarette al giorno ha una probabilità 20-25 volte più alta di contrarre il tumore rispetto ad un non fumatore. Per essere ancora più chiari, dei 3100 casi l´anno, circa l´80% sono fumatori».

A cosa servirà l’archivio nazionale radon?
«La seconda attività che abbiamo intrapreso è la realizzazione dell´Archivio nazionale radon, che consiste nella raccolta ed analisi sistematica dei dati relativi a misure di concentrazione di radon effettuate nelle diverse tipologie di edifici, alle caratteristiche degli edifici misurati, alle caratteristiche dei suoli e alle "azioni di rimedio" per ridurre la concentrazione di radon. Questi dati una volta qualificati e organizzati in una banca dati nazionale, appunto l´archivio, permettono di pianificare al meglio le azioni previste dal Piano Nazionale Radon e di valutarne la loro efficacia. Ad esempio si potranno individuare le zone a maggiore presenza di radon, valutare il numero di edifici su cui intervenire, valutare l´efficacia degli interventi, nonché programmare e gestire al meglio eventuali cambiamenti normativi dei livelli di azione».

I monitoraggi sono ovviamente necessari e fondamentali per iniziare ad attivare azioni di riduzione del rischio radon, ma non pensa che sia opportuno anche cominciare a intervenire con i rimedi?
«Ha assolutamente ragione. C´è talvolta una tendenza a concentrarsi sulla mappatura della presenza di radon, che è uno strumento utile ma non certo l´obiettivo finale, che è la riduzione dei rischi sanitari associati alla presenza di radon. Va sottolineato che il radon varia moltissimo da casa a casa, e le mappe radon danno solo indicazioni medie. Si farebbe quindi un errore se si intendessero le mappature come se fossero utilizzabili dal singolo cittadino per dedurne quanto radon è presente nella sua abitazione (cosa che si può sapere solo misurandolo): le mappe possono essere un valido strumento amministrativo di programmazione degli interventi, ad esempio per dare priorità ad interventi nelle zone in cui (in media!) vi è più radon».

In cosa consistono azioni di rimedio?
«Stiamo lavorando all´elaborazione di linee guida e guide tecniche per azioni di prevenzione e risanamento degli edifici. Essenzialmente la prevenzione e la riduzione si ottengono cercando di ridurre l´ingresso del radon dal suolo, che è la prima e principale sorgente di questo gas, anche se esistono anche alcuni materiali usati in edilizia che possono emetterlo, ma in concentrazioni sicuramente minori. Di fatto una delle soluzioni maggiormente utilizzate consiste nel creare una sorta di barriera di pressione sotto la casa, per esempio realizzando un´aspirazione sotto le fondamenta che risucchi fuori il radon con pompe anche di potenza molto ridotta. In fase di costruzione di nuovi edifici tali interventi sono ancor più semplici ed a costo ancora più basso».

Quanto costano interventi del genere su edifici già esistenti? E ne sono già stati realizzati in Italia?
«Il costo è piuttosto variabile e comunque contenuto: si può andare da qualche centinaio di euro nel caso per esempio che l´abitazione abbia già un vespaio adatto allo scopo a un massimo di poche migliaia di euro. Di interventi ne sono già stati fatti alcune centinaia soprattutto in Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia e finora sono stati realizzati da strutture pubbliche, ma stiamo raccogliendo anche informazioni su eventuali interventi realizzati da privati, che a maggior ragione devono essere controllati per escludere tentativi di speculazione, visto che oramai si trovano diverse pubblicità di servizi sul radon, anche se soprattutto a livello di misurazioni».

Perché la gente ha molta più paura delle onde elettromagnetiche, la cui cancerogenicità è soltanto ipotizzata ma non accertata, e invece in pochissimi sanno cos’è il radon, riconosciuto con certezza come cancerogeno?
«Quello che dice è vero e chiama in causa il rapporto tra cittadini ed istituzioni responsabili. La mia opinione è netta: i cittadini non possono essere considerati colpevoli di non sapere tutto, in particolare cosa fa più male e cosa meno. E´ responsabilità invece delle istituzioni (con l´aiuto dei media) informare i cittadini e fare in modo, per quanto non sempre sia facile, che abbiano una corretta percezione dei rischi. Non sempre questo accade in Italia, anche se devo riconoscere che la maggior parte delle istituzioni (almeno nel settore radon) cerca di comportarsi correttamente.
E´ anche vero che in molti altri Paesi il radon è più conosciuto che in Italia, anche se i modi di affrontare il problema sono completamente diversi. Per esempio negli Stati Uniti adottano una strategia di intensa ed estesa comunicazione ai cittadini, anche con messaggi pubblicitari terrorizzanti, che informano del problema radon ma scaricano tutta la responsabilità sul cittadino, che se può permetterselo interviene di tasca sua a bonificare l´edificio. L´altro estremo è costituito da alcuni Paesi dove la protezione dal radon nelle abitazioni è obbligatoria. Ad esempio fin dagli anni ´80 in Cecoslovacchia avere abitazioni a norma dal punto di vista del radon era obbligatorio per legge, un po´ come per noi è obbligatorio il salvavita, e a totale carico dello Stato. Paradossalmente, con la nascita della Repubblica Ceca, le misure di prevenzione dal radon sono diventate volontarie e si è registrata una riduzione del numero di interventi. Altri Paesi che hanno o hanno avuto come obbligo di legge la protezione dal radon sono la Svizzera e la Svezia.

Qual è la situazione normativa all´estero e in Italia?
«La gran parte dei Paesi europei ha una normativa a carattere di raccomandazione per il radon nelle abitazioni e una normativa a carattere obbligatorio per il radon nei luoghi di lavoro. L´Italia ha una normativa per il radon nei luoghi di lavoro (che però ha bisogno di alcune correzioni), ma non ha ancora una normativa sul radon nelle abitazioni. Nell´ambito delle attività del piano nazionale radon stiamo predisponendo delle bozze per interventi normativi in entrambi i settori».

E quindi al di là della necessaria normativa, come pensate di muovervi dal punto di vista della comunicazione?
«Dal nostro punto di vista pensiamo che l´ideale sarebbe se lo Stato, le Regioni e le altre istituzioni locali coinvolte potessero risolvere il problema radon senza procurare altre preoccupazioni per il cittadino, intanto quindi puntiamo a responsabilizzare in primis le istituzioni. Contemporaneamente vogliamo preparare il rapporto col cittadino mediato attraverso operatori affidabili come i medici di famiglia o le associazioni ambientaliste o dei consumatori, affinché il cittadino non venga lasciato solo nel processo di apprendimento e gestione del fenomeno. Non a caso al convegno dei giorni scorsi una delle tavole rotonde più interessanti è stata secondo me proprio quella che ha visto confrontarsi l´Associazione medici per l´ambiente, il Movimento difesa dei consumatori e la Legambiente, che si sono detti disponibili a lavorare insieme a noi».

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