[05/02/2008] Energia

Nucleare e gas: le scosse di assestamento russe del capitalismo energetico di Stato

LIVORNO. Le elezioni presidenziali russe si avvicinano, ma anche se pare più che scontata la vittoria del delfino di Putin, stanno creando scosse di assestamento nel sistema energetico che sorregge l’energia e la nuova oligarchia del più vasto Paese del mondo. Il primo ministro Viktor Zoubkov ha rimosso Sergueï Kirienko dalle sue funzioni di direttore di Rosatom, l’agenzia federale dell’energia nucleare e lo stringato comunicato del governo russo dice solo che «il signor Kirienko è stato destinato ad altro incarico». Una spiegazione molto laconica per dire cosa sta accadendo a Rusatom che ha conosciuto negli ultimi anni un forte attivismo interno e internazionale, riportando la Russia tra i protagonisti di primo piano nel mercato nucleare, usato anche come arma diplomatica e per mostrare la sua rinvigorita muscolatura politico-strategica, come nel caso dell’Iran.

Ma evidentemente la candidatura e la sicura elezione a presidente della Russia di Dmitri Medvedev (Nella foto), attuale presidente di Gazprom richiede uno spietato giro di valzer nella struttura di potere della Russia putiniana che occupa tutti i gangli vitali dei grandi colossi energetici della Federazione, con uno strano capitalismo di Stato sopravvissuto all’estinzione del socialismo reale. Un legame politica-economia molto poco liberista, non solo forte ma anche palese ed esibito: è stato il vice-presidente della Duma, che è anche presidente dalla Società russa del gas, Valeri Iazev, a dire ai giornalisti che «La linea fondamentale di sviluppo di Gazprom non cambierà con l’elezione del nuovo Consiglio direttivo. Gazprom continuerà ad assolvere le sue principali funzioni, soprattutto il suon ruolo di garante della sicurezza energetica del Paese».

E i giochi per l’assemblea annuale degli azionisti di Gazprom, che si terrà il 27 giugno, sembrano già tutti scritti al Cremlino e la lista dei candidati è capeggiata proprio dal primo ministro Viktor Zoubkov, mentre il suo vice, Dmitri Medvedev, attuale vicepresidente del direttivo di Gazprom, è fuori gioco. In una situazione del genere il presidente del Parlamento può tranquillamente spiegare (come accade solo in Cina o in qualche altro regime autoritario) che «la linea politica della Russia consiste nell’appoggiare Gazprom nei suoi progetti, compresi quelli che rafforzano la sua presenza sul mercato europeo e le sue posizioni negli Stati Uniti. Le posizioni fondamentali non cambieranno, qualunque sia il nuovo direttivo e il suo nuovo presidente. Alla fine, la capitalizzazione di Gazprom non farà che crescere per raggiungere al minimo 600 miliardi di dollari». Oggi sono 300 miliardi circa.

Insomma, prima gli equilibri politici russi si giocavano nel politburo del Pcus, oggi la Duma si conforma alle decisioni prese nei consigli di amministrazione nei quali siedono i suoi più alti dirigenti. Ancora una volta lontani dalla gente, ancora una volta temuti e invidiati.


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