[11/02/2008] Parchi

India, le foreste del Western Ghats in bilico tra i pericoli e le possibilità del mercato

LIVORNO. Gli ambientalisti indiani stanno chiedendo una radicale revisione del piano di conservazione del Western Ghats, una regione montuosa coperta da foreste pluviali parallela alla costa occidentale dell’India, nota per la sua grande biodiversità e per essere ancora abitata da popoli tribali come i Kurubas (nella foto).

Il Western Ghats si estende su un’area di 159 mila chilometri quadrati lungo 1.600 chilometri di zone montane che sono comprese in 6 Stati costieri indiani: Gujarat, Goa, Maharashtra, Kerala, Karnataka e Tamilnadu. Un’area enorme che, solo nel Maharashtra ospita 5.000 specie di flora, 139 mammiferi, 508 di uccelli e 179 de anfibi, ed almeno 325 delle quali sono in pericolo di estinzione a livello planetario, tanto che gli ambientalisti paragonano questo immenso habitat forestale all’Amazzonia.

«Occorre unire altre voci per fermare il degrado ecologico del Western Ghats» ha detto all’agenzia Ips Pandurang Hegde, il leader di Appiko (abbraccia gli alberi), un’associazione ambientalista che negli anni ’80 costrinse il governo di Nuova Delhi a proibire il taglio della foresta nell’area protetta.

Il movimento Save the Western Ghats, che raccoglie una ventina di organizzazioni regionali e locali, negli anni ‘80 riuscì ad impedire la costruzione di dighe e centrali elettriche che avrebbero distrutto ambienti che ospitano una delle biodiversità più ricche del mondo, il movimento fu molto forte nello Stato del Karnataka dove non fu approvato il piano di realizzazione di una diga nella Silent Valley, e l’area fu dichiarata “zona tropicale tranquilla e poi divenne un Parco nazionale nel 1984.

Nel 1981 il governo centrale indiano aveva licenziato il Programma per lo sviluppo del Western Ghats che avrebbe dovuto garantire l’equilibrio ecologico, la biodiversità, ma I buoni propositi sembrano scemare con il dissolvimento dei movimenti protezionistici, che appagati dalle vittorie iniziali, stanno scontando un periodo di stanca.

Negli ultimi anni, con la complicità del governo indiano, si stanno realizzando progetti e costruzioni di ogni tipo nelle zone montane.

Secondo l’ambientalista indiano Sudhirendar Sharma «la posta per salvare il Weaster Ghats è molto più alta di quella prevista originalmente, ed ugualmente la sua importanza. Tutta la regione è importante, perché è la porta di entrata dei salvifici monzoni che garantiscono l’acqua a questo Paese».

Anche la zona più ricca di biodiversità, il grande parco nazionale di Nagarahole, Bandipur e Mudumalai, che si estende negli Stati di Karnataka e Tamil Nadu e nella regione del Wynad, nel nord del Kerala, dove vivono ancora 1.500 elefanti selvatici, è oggetto di molte pressioni sull’esteso fronte dell’area protetta.

Secondo l’Ong Prakruthi, che si dedica alla selvicoltura sostenibile, l’industria dell’acciaio, che richiede sempre più materia prima ed energia, e le dighe stanno nuovamente minacciando la biodiversità con altre miniere e la deviazione di fiumi e torrenti, ma anche il turismo e le monoculture nello stato di Goa preoccupano non poco le associazioni ambientaliste.

Alle dighe ed alle centrali idroelettriche si aggiunge una sempre più attiva e violenta guerriglia di estrema sinistra nel Ghats e nel Karnataka e l’estensione verso la foresta di colture agricole, urbanizzazione e inquinamento che mettono sempre più in pericolo i boschi del Tamil Nadu e del Kerala.

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