[14/02/2008] Consumo

Europarlamento: La politica della pesca si rilancia con la difesa dell’ambiente

BRUXELLES. L’industria della pesca europea, con 7,3 milioni di tonnellate di pesce pescato o allevato negli impianti di acquacoltura, è la seconda al mondo e da lavoro a più di 260 mila persone, ma i problemi non mancano, anzi, si può dire che il settore è passato da una crisi di crescita ad una crisi di risorse che ne ha messo prima in pericolo la sostenibilità ed oggi la stessa esistenza. La politica comune della pesca è stata avviata nel 1970 ma non è stata mai davvero in grado di regolamentare la gestione di attività che sfuggono ai controlli e che deve fare i conti, come hanno recentemente sottolineato Iucn e Fao, con un’attività di pesca “nera” che raggiunge anche il 70% del pescato.

La politica europea vacilla sotto i colpi delle associazioni ambientaliste che sottolineano come non sia riuscita ad impedire che gli stock di tonno rosso portassero questo grande pesce sul baratro dell’estinzione e che il merluzzo, una volta nel nord Europa "cibo dei poveri", sia diventato un prodotto di lusso. «Una pesca senza regole – sottolinea un comunicato stampa del Parlamento europeo - ha lasciato in vita troppi pochi esemplari adulti, che non riescono più a riprodursi a ritmi sufficienti per ricostituire i branchi da cui i pescatori attingono. Ma il circolo vizioso coinvolge gli stessi pescatori, che perdono mano a mano il lavoro, e le nostre tavole dove il pesce appare sempre più di rado».

Nel 2003 la Commissione Europea ha lanciato la nuova politica comune della pesca (PCP), proprio per conservare gli stock ittici, la biodiversità e l´ambiente marino, cercando di salvaguardare specie “non commerciali” (o meglio non più) come tartarughe, uccelli e mammiferi marini, attraverso il mantenimento di una flotta peschereccia europea sostenibile e garantendo la qualità del pescato. Per realizzare questi obiettivi, l’Ue si è dotata del Fondo europeo per la pesca (FEP), con un bilancio di 3,8 miliardi di euro per il periodo 2007-2013.

A metà strada, dopo 5 anni, il bilancio non sembra esaltante. Per l’erodeputato liberal-democratico francese e presidente della commissione parlamentare pesca, Philippe Morillon (Nella foto), «Si tratta di conciliare le conoscenze scientifiche con l´esperienza dei pescatori. Dal 2002 la nostra priorità è ripristinare il rapporto di fiducia tra gli scienziati che seguono l´evoluzione delle risorse ittiche e i professionisti della pesca, con l´obiettivo dello "sviluppo sostenibile", che non potrà essere raggiunto se non con la partecipazione dei pescatori stessi».

Secondo il democristiano tedesco Georg Jarzembowski, «La cosa più importante è assicurare la sostenibilità delle politiche europea della pesca». Il socialista greco Stavros Arnaoutakis doce che «Occorre combattere la pesca illegale e le pratiche di pesca distruttive per l´ambiente», la pensa così anche la liberaldemocratica scozzese Elspeth Attwool: «L´unica soluzione possibile, è sviluppare nei prossimi anni nuovi modelli di conservazione per incrementare la sostenibilità degli stock ittici». «Altrimenti – dice il popolare britannico Avril Doyle - si continuerà con un sistema di quote inadeguato, con scarso monitoraggio e con danni all´ambiente marino…una battaglia a somma zero».



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