[15/02/2008] Aria

Italia in ritardo sulla strategia europea per il clima

LIVORNO. Domani ricorre il terzo anniversario dell’entrata in vigore nel nostro paese del protocollo di Kyoto, ma ancora lontano appare il raggiungimento degli obiettivi e quasi inarrivabile il rispetto dell’impegno delle cosiddette “tre venti” che l’Europa richiede agli stati membri entro il 2020.
C’è però una possibilità di farcela, anche per l’Italia: la sfida contenuta nel rapporto Ambiente Italia 2008 di Legambiente, presentato oggi a Roma, è quella di indirizzare radicalmente l’Italia su un sentiero a bassa emissione di anidride carbonica entro i prossimi 5 anni, utilizzando strumenti di natura normativa regolamentare e fiscale.

E mettendo in atto buone pratiche già sperimentate in altri Paesi europei (che il volume passa in rassegna in una apposita sezione) è possibile anche per il nostro paese raggiungere gli obiettivi della strategia europea, che non sono quindi utopistici (come ancora qualcuno anche stamani si prodiga a sostenere), ma già raggiungibili con le tecnologie a disposizione.

Certo, una bella sfida a partire dalla situazione di oggi che viene registrata dal rapporto realizzato da Ambiente Italia e che mette a confronto il nostro paese con il resto dell’Europa. Ma come ricordava Serafini su queste pagine pochi giorni fa, potrebbe essere paragonata a quella che si pose con il trattato di Maastricht, e che non in tanti erano convinti si sarebbe potuta vincere.

I numeri infatti parlano chiaro e sono poco lusinghieri: nello scorso decennio, in Italia, tutti gli indicatori energetici e quelli relativi alle emissioni climalteranti hanno mostrato un segno contrario alle speranze di un’evoluzione verso una economia più efficiente e rinnovabile.

Sono cresciute le emissioni di gas serra, che al 2005 sono oltre 580 milioni di tonnellate di Co2 equivalente (+ 0,3% sull’anno precedente), facendoci guadagnare il terzo posto a livello europeo per emissioni (eravamo al quinto nel 1990 e al quarto nel 2000).
Mentre infatti l’Unione europea ha ridotto del 7,9% le proprie emissioni rispetto al 1990 (nell’Europa a 15 sono scese del 3%), in Italia sono cresciute del 12,1%, soprattutto a causa dell’aumento dei consumi per trasporti (+27%), della produzione di energia elettrica (+16%) e del riscaldamento per usi civili (+21%). E se le nostre emissioni procapite di gas climalteranti sono, sia pure di poco, superiori alla media europea, arrivano ad essere circa il doppio di quella mondiale.

Se si confronta infine l’intensità di emissioni di Co2 rispetto alla ricchezza prodotta (misurata ancora come Pil), si scopre che questa è aumentata in Italia del 2% tra il 2000 e il 2005.
Riguardo ai parametri analizzati, si evidenzia nello specifico che i consumi energetici lordi, sono quasi stabili (196 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio nel 2006) ma ancora basati sulle fonti fossili.

Rispetto al 2005 si è registrata una lieve riduzione (ca.1 milione di tep, a causa delle miti condizioni climatiche invernali), mentre rispetto al 1990 l’incremento assomma a circa il 20% (in linea con la Ue). I consumi procapite di un italiano restano un po’ inferiori a quelli medi europei (anche per ragioni climatiche), sono circa la metà di quelli di un cittadino degli Stati Uniti (3,5 tonnellate di petrolio a testa in Italia, 7 tonnellate negli Stati Uniti), ma tre volte quelli di un cinese e quasi nove volte quelli di un africano.

Anche i consumi energetici per ogni mille euro di Pil, sono superiori alla media europea (191 kg di petrolio equivalente rispetto a 185) e peggiorano in maniera costante. In particolare, peggiora l’intensità energetica dell’industria e crescono più della media europea anche i consumi nel settore residenziale. Stessa cosa sui trasporti, dove si registra un valore dei consumi energetici e delle emissioni procapite superiori alla media europea, dovuto al fatto che nonostante l’Italia abbia un parco auto con consumi energetici specifici tra i più bassi d’Europa, ha però la più alta densità di motorizzazione e percorrenze nettamente superiori. I consumi per i trasporti stradali sono cresciuti dell’1% nell’ultimo anno e del 27% rispetto al 1990.

In crescita, ma questa volta il dato è positivo, anche il contributo energetico da fonti rinnovabili (dal 2000 + 427% della produzione di energia eolica, + 364% quella elettrica da biomasse, + 124% da fotovoltaico, e + 140% la produzione termica da solare) che si è assestato a 16 Mtep, pari a circa l’8,3% del totale dei consumi energetici, nel 2006: un settore dove vi sono quindi ancora ampi margini di sviluppo e dove l’incremento percentuale è determinato dal fatto che si partiva praticamente da zero.

Un dato in diminuzione (ma non positivo) riguarda invece il ricorso alla tassazione ambientale, in controtendenza rispetto all’Europa: tra il 1997 e il 2006 il prelievo fiscale ambientale (energia, auto, rifiuti, acqua) di tutte le amministrazioni pubbliche è diminuito (a prezzi costanti) di oltre 6 miliardi di euro; tra il 1995 e il 2005 (sempre a prezzi costanti) la tassazione delle emissioni di Co2 (calcolata in funzione della tassazione energetica) è diminuita di circa il 20% per ogni tonnellata di Co2 emessa.

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