[12/01/2006] Consumo

La faticosa sfida della decrescita, Greenreport intervista Carla Ravaioli

LIVORNO - «Gli italiani si stanno indebitando ma senza consumare di più? E’ un fenomeno al quale si sta assistendo negli Stati Uniti ormai da molto tempo. Sono le banche stesse a invitare le persone e le famiglie a vivere il loro domani in anticipo. A godere oggi, insomma, ciò che sarà il loro guadagno futuro». E’ la riflessione di Carla Ravaioli (nella foto), ambientalista e saggista di fama nazionale, davanti alle notizie di stampa che riprendono l’indagine pubblicata a metà dicembre da Eurispes, secondo la quale il credito al consumo si va espandendo sempre di più ma complessivamente i consumi non crescono. «Ciò che si rileva – prosegue Carla Ravaioli – è questa spinta al consumismo che ormai non trova supporto nei redditi reali di larghe fasce della popolazione di tutto il mondo, anche in occidente. Sì, anche nei paesi più ricchi c’è una fascia minore che si sta arricchendo ma quella maggiore si impoverisce. Siccome il nostro sistema, quello capitalistico, è fondato sull’accumulazione e sui consumi, affinché questa crescita non si arresti e neanche diminuisca è stato posto in essere l’invito al debito, paventando tassi risibili. Insomma, il debito sta diventando uno strumento per il consumo».

Difficile dire quanto sia durevole un modello del genere. Secondo Carla Ravaioli «la cosa ha tutta l’aria di essere estremamente effimera». «Ma – aggiunge – se lei guarda la pubblicità, che è uno degli strumenti determinanti per la grande massa, le promesse di oggetti anche costosi che vengono consegnati senza un minimo di corresponsione immediata rappresentano lusinghe alle quali è difficile resistere. E’ uno dei tanti modi escogitati per tenere artificiosamente in piedi un sistema che a mio avviso è sempre più precario».

«Un aspetto da non dimenticare – dice Carla Ravaioli – è che il modo principale per continuare a produrre e consumare è la guerra: la produzione delle armi viene calcolata in positivo nel computo del Pil. Sono merci che circolano, che vengono prodotte e vendute con la differenza che il loro consumo è la guerra: non è una considerazione secondaria…».

E le imprese della distribuzione che hanno, fra i loro compiti, anche quello di educare i consumatori? «Ah, lei parla delle coop? Beh, nonostante queste pubblicità che dicono in maniera un po’ pacchiana che ciò che è loro è anche nostro, ormai sono imprese capitalistiche. Poi i profitti non vengono spartiti, d’accordo, vanno a riserva indivisibile: sono disposta a pensare che le coop hanno molti meriti, ma gli strumenti che usano sono gli stessi. Ci sono le imprese truffaldine e quelle no. Ma sempre di imprese si tratta».

Carla Ravaioli è autrice di molti saggi sui consumi. Dal suo «La crescita fredda» (1985) all’ultimo «Un mondo diverso è necessario» che esamina tutti gli aspetti negativi della globalizzazione neoliberista, ha ormai vivisezionato il nostro modo di interpretare la vita, scrivendo anche un dialogo con Bruno Trentin, il «Processo alla crescita» datato 2000. Impossibile non chiederle se la spinta al consumo infinito possa trovare un argine. «Comincia ad esserci una certa stanchezza del consumismo senza senso – è la risposta – tanto che in certi ambienti si intravede la spinta alla decrescita, come opposizione all’imperativo della crescita illimitata. Si riscontrano critiche anche radicali e comportamenti non conformi, ma ciò riguarda una strenua minoranza. La maggioranza composta da persone che emergono dalla povertà, o che non ne sono ancora emerse ma che vengono raggiunte dalle comunicazioni planetarie, prova una attrazione fatale per il mondo occidentale. E’ impossibile scegliere di buttare via ciò che non si possiede. Ciò che è possibile è tentare di disinquinare la cultura comune. E’ un percorso faticoso, ma è quello che ci resta».

Torna all'archivio