[29/03/2006] Comunicati

Pubblicità ed educazione ambientale potrebbero non confliggere

Vorrei integrare quanto detto da Gina Cambi su greenreport di un paio di giorni fa a partire dalla citazione di un professionista francese che ha scritto un libello sulla
pubblicità: Frederic Beigbeder.
«Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova.
C´è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma. Il terrorismo della novità mi serve a vendere il vuoto. Vi proibisco di desiderare a caso. Il vostro desiderio è il risultato di un investimento calcolato in miliardi di euro. Viviamo nel primo sistema di dominio dell´uomo sull´uomo, contro il quale perfino la libertà è impotente. Il sistema ha raggiunto il suo scopo: anche la disobbedienza è diventata una forma di obbedienza?» ( F.B./Lire 26.900/Feltrinelli).

Vorrei, anche, citare altri tre soggetti. Due personaggi e una multinazionale.

Hitler: se desiderate la simpatia delle masse dovete dir loro le cose più stupide e più crude.

Goebbels: Quello che cerchiamo non è la verità, è l´effetto prodotto. La propaganda cessa di essere efficace nel momento in cui la sua presenza diventa visibile. Più una menzogna è grossa e più passa.

Procter e Gamble: non prendete la gente per stupida, ma non dimenticate mai che lo è.

Dunque, in una società che sta attraversando una fase storica contraddistinta da due dogmi, la democrazia e il mercato, la potenza di fuoco rappresentata dalla pubblicità, funzionale alla leva dei consumi per stimolare la crescita (PIL), è (sarebbe) affrontabile soltanto con una eguale e contraria potenza: investimenti massicci su processi e prodotti ecosostenibili.

Il punto è che questo tipo di investimenti, oltreché dalle poche aziende interessate, possono essere sostenuti solo dalle istituzioni pubbliche. Questo sarebbe anche un modo per riconvertire la non trascurabile spesa in comunicazione sostenuta dal pubblico e attualmente indirizzata quasi esclusivamente, e spesso confusamente, in pubblicità e/o in messaggi tesi a modificare i comportamenti a valle (le raccolte differenziate) nonché ad aumentarne la valenza e la portata.

Siccome le mode, i trend e le passioni continuano ad animare i mercati ad un ritmo sempre maggiore, il terreno sul quale può giocarsi le sue chances il consumo ecosostenibile è, appunto, quello di stimolare passioni, mode e trend orientati alla sostenibilità sociale e ambientale. Ma questo, come diceva Gina Cambi, è un ruolo che necessita di razionalità progettuale. E la razionalità in un sistema di mercato, può essere agita solo dal pubblico.

Un pubblico che non scommette sulla stupidità delle persone bensì agisce sollecitandone le parti migliori e più socializzanti. Quelle parti che permettono di desiderare che i nostri figli godano delle stesse risorse che ci hanno lasciato i nostri padri. Ma vedo che dall´indagine che ha fatto greenreport sugli acquisti verdi delle pubbliche amministrazioni emerge, purtroppo, una realtà ancora (speriamo per poco) sconsolante.

(nella foto un discorso di Hitler alle masse)

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