[04/03/2008] Parchi

Ai parchi un piano basta

PISA. Il ruolo dei parchi è andato negli ultimi tempi via via opacizzandosi tanto da essere stato per lunghi periodi del tutto paralizzato dai commissariamenti a tappeto che ne hanno bloccato l’attività e con essa spesso anche piani concretamente avviati che per un parco rappresentano il passaggio più impegnativo ma anche più qualificante.

Si aggiunga che in questo clima sono maturati provvedimenti micidiali come il decreto ambientale sfornato dalla Commissione dei 24 particolarmente dirompente per la legge 183 ma anche le norme del Codice Urbani ed ora di quello Settis che sottrae ai piani delle aree protette la competenza paesaggistica. Ciò è avvenuto finora
senza apprezzabili reazioni. Anzi in più d’una regione a partire dalla Lombardia ma anche in Val d’Aosta sono in corso operazioni non a caso definite ‘ammazzaparchi’ che consentirebbero a regione e comune di intervenire nelle aree protette ignorandone
i piani. Persino in Toscana una delle regioni all’avanguardia in questo campo sono state rosicchiate talune prerogative della specialità per ricondurle ad una ‘normalità’ che ne sbiadisce il ruolo anche per quanto riguarda la tutela del paesaggio.

A fronte di questa situazione niente affatto esaltante non credo basti ‘rilanciare’ o ripartire da dove le cose si sono incagliate e impantanate quasi si trattasse semplicemente di ripristinare a tutti gli effetti le norme disattese o mal gestite. E tra le questioni che dovranno essere affrontate – e in Toscana abbiamo l’opportunità di farlo con la nuova legge regionale sulle aree protette che dovrà riconsiderare alla luce delle esperienze e dei risultati qualche norma- vi è senz’altro quella della pianificazione. Come è noto la legge nazionale e anche quelle regionali prevedono per i parchi non un solo piano bensì due. Uno ambientale e uno socio-economico. Questo vero e proprio lusso che non ha riscontri in nessun altro settore o istituzione voleva rassicurare soprattutto le comunità locali che la pianificazione del parco non avrebbero fatto strame delle tematiche socio-economico.

I fatti hanno chiaramente confermato però che due piani rappresentano per tutti gli enti una prova estremamente ardua e alla fine praticamente impossibile da superare. I piani e non da ora costituiscono anche sotto il profilo procedurale un passaggio davvero complicato che richiede di norma tempi piuttosto lunghi che sempre meno si attagliano alla velocità e portata dei cambiamenti specialmente in campo ambientale. Complicazioni che ovviamente si duplicano quando i piani da fare sono due.
Tanto è vero che anche regioni come la Toscana che per i piani socio-economici si sono per tempo dotate di uno strumento specifico di indirizzo regionale per facilitare il compito non hanno conseguito i risultati sperati. C’è dunque una esigenza di semplificazione, di snellimento o comunque vogliamo chiamarla che non può più essere ignorata.

Ma questo attiene ancora alle procedure, alle modalità operative che d’altronde riguardano anche molte altre norme e non soltanto relative ai parchi e alle aree protette. Procedure a parte i due piani sancivano una separazione, un prima e un dopo, tra la tutela ambientale e le sue implicazioni socio economiche. Quante volte ci siamo sentiti dire specie dal movimento ambientalista che prima dovevamo pensare e preoccuparci del compito più importante che veniva prima di ogni altro intervento e considerazione e poi – cioè - solo dopo anche del resto.

Insomma le finalità vere del parco risiedevano nel primo piano le altre nel secondo. Le prime avevano la precedenza alle altre si sarebbe provveduto se e in quanto vi fosse spazio e possibilità. La situazione era ben sintetizzata dal titolo di un convegno svoltosi a Camogli nel 2005; la conservazione tra tutela e business. A parte la scelta bizzarra del secondo termine per indicare l’economia era quel tra che ormai mostrava la corda. Il tra stava appunto a significare un prima e un dopo e quindi in buona sostanza una separazione tra i due momenti di cui i due piani sono l’espressione normativa. Questa separazione oggi non ha più senso e non certo perché come talvolta si dice vogliamo annacquare, sbiadire le finalità del parco. Al contrario oggi una efficace politica di tutela della biodiversità terrestre e marina come del paesaggio ha come condizione indispensabile l’intervento incisivo ed efficace sulle scelte economiche che riguardano la pesca come l’agricoltura, le energie rinnovabili come il turismo. E queste scelte non sono separabili e da rimandare a due piani diversi e distinti.

Ecco perché deve esserci un solo piano nella legge nazionale come in quelle regionali. Ed ecco perché il dibattito sulla nuova legge regionale toscana –a quanto ci risulta all’esame degli uffici legislativi- dovrà affrontare questa questione. Se lo farà ancora una volta la Toscana potrà dare un contributo nazionale come è già avvenuto in passato.


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