[07/03/2008] Comunicati

India e Cina tra figlio unico di Stato e discriminazione femminile tradizionale

LIVORNO. Forse Giuliano Ferrara ci rimarrà male, ma «la Cina non modificherà in alcun caso la sua politica di pianificazione familiare in un prossimo futuro». E’ questa infatti la risposta che ha dato Zhang Weiqing, il direttore della Commissione nazionale per la popolazione e la pianificazione familiare, ad un gruppo di 30 delegati della Conferenza consultiva politica del popolo cinese (Ccppc) che ha chiesto al governo di abolire la legge sul figlio unico perché «crea problemi sociali e disturbi alla personalità nei giovani». La Cin, e anche il mondo, non si possono permettere una nuova fiammata demografica in un Paese che ha già 1 miliardo e 300 mila abitanti che consumano già oggi molte più risorse di soli 5 anni fa.

«La politica non cambierà nell’attuale situazione – ha tagliato corto Zhang – La Cina è entrata in un periodo di baby-boom che durerà per un decennio, perché i bambini nati durante il periodo tra gli anni 70 e l’inizio degli anni 80 sono in età di procreare. I cambiamenti della pianificazione familiare rischiano di dare il via ad un aumento della popolazione, che peserebbe sul futuro sviluppo cinese». La draconiana politica cinese del “figlio unico” è attuata da oltre trenta anni e, secondo le stime ufficiali, ha permesso di evitare 400 milioni di nascite, con un mix di castità giovanile, matrimoni tardivi, contraccezione e ricorso massiccio all’aborto. Prevede che la maggioranza delle coppie urbane non possano avere più di un figlio, mentre le coppie rurali possono arrivare a due.

In molte città cinesi sono previste forti multe per le coppie che violano le regole, ma con il nuovo benessere anche avere più figli (meglio se maschi) sembra diventato uno status symbol e sono sempre di più le personalità che pagano fortissime ammende e violano le regole della pianificazione familiare, mentre le coppie di contadini inurbati vivono spesso una penosa lontananza dai loro figli unici affidati a nonni ed estranei. Le coppie cinesi devono pagare una multa che arriva ad essere di dieci volte più elevata delle loro entrate annuali, anche se in realtà l’ammenda è di solito meno alta. Nella capitale Pechino le entrate medie procapite erano nel 2007 di 21.989 yuans, mentre la multa per la violazione della legge sul “figlio unico” è di 100.000 yuans. Più o meno un cittadino medio deve lavorare 5 anni per “pagarsi” il secondo figlio, ma se la cifra è abbordabile per il ceto medio-alto emergente è impensabile per il proletariato urbano che, oltre ad avere stipendi molto più bassi, deve spesso pensare al mantenimento del figlio magari lasciato in qualche remota provincia rurale ed ai vecchi genitori spesso privi di assistenza.

In India, dove la draconiana campagna di sterilizzazione voluta da Indira Gandhi non ha avuto un grande successo, il problema (presente anche in Cina) è che non nascono più bambine, o meglio non vengono fatte nascere. Tanto che hanno deciso di finanziare con 3 mila dollari le famiglie di 7 Stati che lasceranno nascere le femmine. I fondi verranno distribuiti al momento della nascita e poi in diverse rate fino al raggiungimento dei 18 anni di età. Una misura che sembra pensata anche per evitare il fenomeno delle spose bambine “vendute” a mariti molto più anziani.

Il ministro indiano per lo sviluppo delle donne e del bambino, Renuka Choudhry, spera che i contributi, un piccolo patrimonio soprattutto nelle aree rurali, permettano alle famiglie povere di vedere le proprie figlie «come una risorsa e non come a un vincolo, un peso». Ma il problema non riguarda solo i poveri: se nel Paese che contende alla Cina il record della crescita economica l’infanticidio femminile è ancora molto diffuso, con l’avvento dell’ecografia, per chi se la può permettere, si ricorre sempre più spesso ad aborti selettivi di genere, anche se sarebbero vietati dalla legge dal 1994.

Resta il fatto che la discriminazione contro le femmine sta portando ad uno squilibrato numero di maschi in molti Stati dell’Unione indiana: nel Punjab, il rapporto è di 793 femmine nate ogni mille maschi. Secondo un rapporto pubblicato 2 anni fa sulla rivista scientifica “Lancet”, negli ultimi 20 anni in India non sarebbero state fatte nascere 10 milioni di bambine. Qui la pianificazione familiare non c’entra nulla, il fatto è che nella cultura indù (e non solo) il maschio è una benedizione per i genitori ed un investimento per il futuro, la femmina rappresenta un costo, lascia la famiglia, ed ha bisogno della dote.


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