[11/03/2008] Comunicati

Il IV rapporto Apat sulla qualità dell´ambiente urbano serve a poco...

LIVORNO. Non mancano le sorprese nel IV rapporto Apat sulla qualità dell’ambiente urbano. Presentato stamani, il lavoro dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici sostiene che «le città italiane sono sempre più verdi». Il verde pubblico (escluso quindi quello di proprietà privata) «mostra un incremento in tutte le 24 città italiane sopra i 150mila abitanti, con l’eccezione di Messina». La prima discriminante di questo rapporto, dunque, è la scelta del campione: tutte le città (in realtà si parla di province) sopra i 150mila abitanti. Un criterio legittimo, anche se non capiamo il motivo per cui il rapporto – visto che ne esce uno solo l’anno e fa riferimento al periodo 2000-2006, tranne qualche accenno al 2007 – non analizzi tutte le 109 province (più la Valle d’Aosta).

Comunque per il verde pubblico (dati Istat) Napoli ottiene i risultati migliori, con una crescita del 19,5% tra 2000 e 2006, seguita da Cagliari con l’8% e Torino col 5,6%. Non sono riportati invece i dati delle province toscane analizzate (Firenze, Prato, Livorno). Apat ha dedicato uno specifico focus proprio alla natura in città, nella sua componente vegetale come in quella della biodiversità animale e in quest’ultimo ambito, nel corso dell’incontro, sono state segnalate alcune “Buone pratiche dalle città”, esperienze virtuose già avviate a livello locale, come il censimento dello stato di salute degli alberi a Genova e l’integrazione della Rete Ecologica nel piano regolatore del Comune di Roma.

Per quanto riguarda il numero dei veicoli, questo continua ad aumentare dal 2000 al 2006. Milano registra un calo del 9%, mentre in molte città del sud cresce il numero di auto, in linea col trend nazionale: Taranto aumenta del 10,8% mentre Napoli fa eccezione, con una diminuzione del 6,0%. Tra le 24 città, Roma, è quella con più auto ogni mille abitanti anche se nell’ultimo anno scende a 699 veicoli (-4,5%); a Nord il record spetta a Modena, con 651 vetture e al sud il valore maggiore è quello di Catania (680). Livorno è a quota 538 veicoli ogni mille abitanti, mentre Firenze 548 (2006) contro i 586 del 2000. Prato ha il dato più alto con 619, anche se leggermente in calo rispetto al 2000 (626). Numeri relativi questi al comune, mentre in provincia a Livorno si sale fino a 601 (aumento del 2% rispetto al 2000, probabilmente a causa del fatto che i centri si spopolano e si popolano invece i dintorni) e così accade pure nel fiorentino con addirittura 712 auto ogni mille abitanti con un incremento del 15%. In generale nelle 24 province analizzate il numero di auto ogni mille abitanti è aumentato del 6%. E, sempre secondo il rapporto, sono in aumento anche le Euro 4 che superano il 10% in tutte le città prese in esame, con il valore più alto a Roma (24,6%), dove in sei anni sono aumentate del 129%. «In quest’ottica – spiega l’Apat - diventa sempre più importante proseguire con il risanamento della qualità dell’aria, per il quale sono stati presentati piani appositi in 11 delle 13 regioni dove ricadono le 24 città; interventi centrati soprattutto sui “trasporti”, visto che nel 2005 i valori limite degli inquinanti sono stati superati in quasi tutte le aree urbane».

I dati sulle emissioni di PM10 dimostrano che il “trasporto su strada” è il principale fattore di inquinamento in 19 delle 24 città considerate. In 11 città il suo apporto supera il 50% del totale e a Roma, Torino e Messina è superiore al 60%. Anche per quanto riguarda gli ossidi di azoto (uno dei precursori di quella parte di PM10 che si forma in atmosfera), in 18 città la metà o più delle emissioni sono dovute al traffico, con eccezioni a Venezia e Taranto, dove l’industria fa la parte del leone, rispettivamente con il 74% e il 91%. Stesso discorso per monossido di carbonio e benzene, mentre gli ossidi di zolfo (altro precursore del PM10) arrivano soprattutto dall’industria, anche se a Napoli (63%), Cagliari e Palermo (entrambe 77%), la gran parte delle emissioni arriva dai porti.

Le emissioni totali di PM10 – e questo è un dato che bisogna saper leggere - diminuiscono in tutte le città rispetto al 2000, dal –4% di Taranto al –67% di Brescia. In particolare, il contributo del settore “trasporti su strada”, pur rimanendo la principale fonte di emissioni nella maggior parte delle città, ha registrato decrementi significativi: dal 29% di Prato all’82% di Brescia. Andamento analogo per ossidi di azoto ed ossidi di zolfo. Il fatto che Brescia abbia abbattuto dell’82% i Pm10 dal 2000 al 2005, ma che resti una delle città italiane con la qualità dell’aria peggiore (già 46 sforamenti dall’inizio dell’anno fonte Arpa-Legambiente) evidenzia quale sia la situazione reale e la strada da fare.

Per quanto riguarda i rifiuti urbani (gli speciali, che sono tre volte tanti, non vengono neppure mezionati), tra 2002 e 2006 la produzione nelle 24 province prese in esame è cresciuta del 5,1%, molto meno che nel resto del paese, che ha avuto nello stesso periodo una media nazionale dell’8,9%. Un minor incremento che sembra dipendere dalla diminuzione della loro popolazione, visto che a livello pro capite nel 2006 hanno prodotto 622 Kg per abitante, 72 in più rispetto alla media nazionale: la raccolta differenziata vede come migliore performance quella di Padova, che nel 2006 ha raggiunto il 39%, seguita da Torino col 36,7%, Brescia col 35,8% e Prato col 35,3%; restano sotto il 10% città come Cagliari, Napoli, Catania e Messina.
La produzione di rifiuti di diversi centri urbani è inevitabilmente influenzata dagli afflussi turistici, con 25 milioni di persone che nel 2006 hanno visitato le principali città del Belpaese: infatti, anche il numero di alberghi è cresciuto notevolmente, con Catania che negli ultimi anni ha visto un aumento del 41,9% e Prato del 23,1%, mentre sono in flessione Bari (-7,9%) e Reggio Calabria (-5,6%).

In diminuzione il consumo d’acqua per uso domestico nelle città, sceso dai 75,3 m3 del 2000 ai 69,4 del 2006, anche se rispetto al 2005 è rimasto pressoché invariato. Le città che hanno consumato di più sono Torino, con 88,8 m3 per abitante, Brescia, con 84,4 e Roma, con 83,4 m3 ; tra quelle che hanno consumato di meno, invece, le “migliori” sono Livorno, con 47,4 m3 per abitante, Foggia con 48,7 e Prato con 50,3 m3 . Nelle 24 città analizzate, nel 2006 il consumo pro capite di gas metano per uso domestico e riscaldamento registra in media un aumento percentuale del 6,7% rispetto al 2000.

L’ambiente urbano prevede anche tanti luoghi dannosi sia dal punto di vista ambientale che da quello della nostra salute; gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante (RIR) sono diminuiti in quasi tutte le grandi città, esclusa Brescia. Riduzioni importanti, rispetto al 2001, a Modena, dove sono calati del 75%, a Milano del 66% e a Torino del 50%; va tenuto però presente che tali variazioni sono influenzate anche dall’evoluzione della normativa nel periodo considerato, che ha modificato la classificazione per gli stabilimenti a rischio. A Livorno gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante sono 16.

Generalmente pulito il mare delle principali città italiane e delle loro province, con il 91,3% delle acque costiere risultate idonee alla balneazione. Dagli esami effettuati tra 2006 e 2007 in 63 punti della costa intorno alle aree urbane, la situazione appare critica a Roma e a Manfredonia (Foggia), mentre il mare è di qualità media a Genova, Livorno, Napoli e Bari. Alto o medio alto, invece, il livello riscontrato a Trieste, Venezia, Cagliari, Taranto, Reggio Calabria, Palermo, Messina e Catania.

La tutela della salute dei cittadini passa anche per i controlli e le regole relative all’installazione di impianti che generano campi elettromagnetici (specie quelli per la telefonia mobile); 12 delle 24 città di cui è stata fornita l’informazione hanno un regolamento in materia e nel 2006 sono stati effettuati 5700 controlli su impianti radiotelevisivi e stazioni radio base; l’80% delle 24 città di cui si dispone dell’informazione non ha superato i limiti di emissioni previsti dalla legge. Insufficienti gli adempimenti riguardanti l´ inquinamento acustico, con la classificazione acustica prevista dalla legge finora effettuata solo in 14 città, mentre sei città hanno approvato il Piano di risanamento e solo cinque hanno predisposto una relazione biennale sullo stato acustico: si tratta di Padova, Milano, Bologna, Firenze e Livorno.

A dire il vero, e a dirla tutta, siamo di fronte a uno studio parziale con annessa girandola di numeri riferiti ad indicatori di pressione parziali (e a volte minoritari come nel caso dei rifiuti) di cui, almeno noi, riusciamo poco a capirne la necessità.

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