[12/03/2008] Trasporti

Domani il convegno dei mobility manager, Ronchi: «Figura da diffondere»

LIVORNO. Tutto pronto per l’ottava conferenza nazionale Mobility Management. Si terrà domani (13 marzo) presso il Centro Congressi Frentani di Via dei Frentani 4 a Roma. Ad organizzare l’evento è Euromobility, l´Associazione nazionale dei Mobility Manager che dal 2000 si impegna nella promozione della figura del mobility manager presso le pubbliche amministrazioni e le imprese private. La missione di Euromobility – si legge sul sito dell’associazione - consiste nel «contribuire a creare e diffondere la cultura della mobilità sostenibile, stimolando negli individui e nelle organizzazioni comportamenti sempre più orientati all´adozione di soluzioni eco-compatibili per una migliore qualità della vita». La conferenza arriva a dieci anni da quando il decreto Ronchi (era esattamente il marzo del 1998) istituì la figura del mobility manager. Questo decreto prevedeva che le imprese e gli enti pubblici con più di 300 dipendenti individuassero un responsabile della mobilità aziendale. Il compito è quello di rendere la mobilità dell´azienda più sostenibile attraverso un maggior ricorso al servizio pubblico, più navette, car pooling, bike sharing e via dicendo.

Ne abbiamo parlato proprio con Edo Ronchi, relatore tra l’altro della conferenza e membro della Commissione Territorio, Ambiente e Beni Ambientali del Senato.

A dieci anni dall’entrata in vigore del decreto, qual è il suo bilancio?
«Diciamo che anche attraverso le positive iniziative dell’Associazione, la figura del mobility manager si è diffusa ed è abbastanza presente. Non però quanto si vorrebbe anche perché è mancato il sostegno a questa iniziativa. In particolare per le attività delle imprese la figura del mobility manager è presente ancora a macchia di leopardo».

Da parte di chi, in particolare, è mancato il sostegno?
«Sia a livello nazionale come iniziative di governo, sia regione, sia gli enti locali. Serve un alto livello di impegno perché la gestione della mobilità richiede un lavoro integrato a tutti i livelli».

Il bilancio dunque è in chiaroscuro, ma lei che cosa si aspettava in più e cosa era lecito attendersi?
«E’ difficile dirlo, mi aspettavo che si affermasse questa figura. Che la gestione della mobilità non fosse più improvvisata e in alcuni casi questo è accaduto, ma quello che mi aspettavo e che era lecito attendersi è un impegno maggiore».

Forse se fossero state previste delle sanzioni per chi non rispettava il decreto, qualche motivazione in più per sostenere il mobility managment ci sarebbe stata?
«Più che sanzioni servivano e servono risorse economiche da impegnare in formazione e competenze. Era difficile tra l’altro imporle, perché sarebbe poi bastato adempiere nominando una figura formale continuando poi a non far niente».

Sul piano della formazione del mobility manager qualcosa sembra muoversi
«Certo, perché ne mancano alcune centinaia e quindi vanno formati».

Su che cosa bisogna puntare per far sì che le cose migliorino nei prossimi dieci anni?
«Il tema della mobilità, oltre alla questione delle polveri sottili e del traffico bloccato, si incrocia anche con il protocollo di Kyoto e bisogna che cominciano a lavorare molto di più su questo. Più sinergia, quindi, tra mobilità sostenibile e politiche per Kyoto, in modo che le due politiche ricevano entrambe un impulso positivo».

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