[17/03/2008] Energia

Biomasse, l´Aper elogia la filiera lunga e critica la Toscana

LIVORNO. «Un’opportunità, non un rischio». Questa la posizione di Aper l’associazione dei produttori di energia rinnovabile, riguardo all’utilizzo di biomasse da filiera lunga. La precisazione è per rispondere alla recente notizia che il Consiglio regionale della Toscana ha approvato una mozione per introdurre una moratoria sull’avvio delle autorizzazioni o dei lavori per gli impianti energetici a biomasse che utilizzano oli vegetali da filiera lunga. Una proposta che si lega a quanto stabilito nel collegato alla Finanziaria 2008 che riconosce gli incentivi solo agli impianti alimentati a biomasse e biogas, derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ottenuti nell’ambito un raggio di 70 chilometri dall’impianto centrale di produzione.

Ma un conto è non avere incentivi e un altro non poter avere autorizzazioni per questo l’Aper «Pur condividendo la volontà di incentivare maggiormente lo sfruttamento delle risorse presenti del nostro Paese» ribadisce con un comunicato la sua preoccupazione nei confronti di «ogni atteggiamento locale, ideologicamente pregiudiziale, sulla produzione di energia rinnovabile da biomasse liquide da filiera lunga».

«Siamo convinti – dichiara Marco Pigni direttore di Aper - che per il raggiungimento degli obiettivi al 2020 previsti dal piano di azione Clima ed energia della Commissione Ue in materia di fonti rinnovabili, occorre sviluppare in maniera equilibrata, integrata e rispettosa delle normative ambientali tutte le fonti rinnovabili, quindi anche gli oli vegetali (sia di filiera corta che di filiera lunga)».

Le perplessità di chi avversa la filiera lunga sono legate sia al trasporto (e al relativo inquinamento ) sia al fatto che i Paesi esportatori di oli combustibili (in particolare di palma) disboscano territori vergini per far posto alle piantagioni che producono oli vegetali per i Paesi sviluppati. Quindi gli effetti positivi che si trarrebbero dalla combustione di biomassa, verrebbero di fatto a perdersi. Per questo motivo l’Unione europea ha indicato più volte che la via maestra da seguire è quella della filiera corta, cioè di centrali dove bruciare biomasse prelevate nell’arco di poche decine di chilometri e questa linea è stata sposata anche dall’Italia che incentiva appunto solo le filiere corte. Ma la Toscana, vorrebbe andare oltre e impedire che vengano realizzate nel proprio territorio centrali a biomasse che usano combustibili da filiera lunga.

Con il rischio secondo Pigni che l’Italia vada verso il paradosso di avere «un sistema incentivante per le fonti rinnovabili tra i più avanzati d’Europa e un sistema burocratico-autorizzativo tra i più arretrati e penalizzanti». Situazione che sembra però più calzante per le altre fonti rinnovabili, solare e eolica, che non per le biomasse, purché naturalmente rispondano al criterio di divenire una integrazione per la filiera agricola piuttosto che un business per chi produce energia.

Gli impianti a cogenerazione funzionanti a oli vegetali provenienti dalla filiera di recupero hanno risvolti positivi per l’ambiente come diminuzione di immissione di CO2 e in questo caso di materia, ma a determinati condizioni. In generale, l’utilizzo di oli vegetali è sicuramente un modo per contribuire al raggiungimento degli obiettivi comunitari di riduzioni pari al 20% al 2010, ma il rischio forte è che con la filiera lunga (vedi quello che accade in Brasile) i danni ambientali superino i benefici. Il criterio direttore deve sempre essere quello della sostenibilità ambientale e sociale, diversamente si rischia da una parte di annaffiare e dall´altra di mozzare la pianta (terra) che dobbiamo invece proteggere.

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