[17/03/2008] Monitor di Enrico Falqui

Un Fondo per il Futuro

FIRENZE. Secondo l’Organizzazione mondiale del turismo (WTO) la capacità di carico di una località turistica è costituita «… dal numero massimo di persone che visitano, nello stesso periodo, una determinata località senza compromettere le sue caratteristiche ambientali, fisiche, economiche e socio-culturali e senza ridurre la soddisfazione dei turisti». Si tratta di un concetto ambiguo e che può modificarsi notevolmente secondo il contesto specifico, come è facile capire: difficile credere che vi possa essere un’eguale applicazione di tale concetto in città come Parigi, Londra, Berlino, Madrid e Firenze, Roma, Napoli, Venezia, Palermo.
Si tratta anche di un concetto assai diverso da quella CCA (capacità di carico turistica) discussa all’interno dell’Agenda 21 di Rio de Janeiro nel 1992, nella quale essa si definiva come «… strumento di valutazione di uno sviluppo sostenibile integrato, misurabile con indicatori di sostenibilità e di qualità della vita e con l’attiva partecipazione dei cittadini abitanti delle città dove il turismo aveva caratteristiche di massa».

Una delle sedi operative per il monitoraggio di tale “ sviluppo sostenibile integrato” è costituita dal MAP, che ha sede a Split in Croazia e da circa 17 anni gestisce un programma dell’Unep “Development of Mediterranean Tourism harmonized with the Environment”. Lo studio della capacità di carico per le città europee che accolgono rilevanti quote dei flussi turistici nazionali ed internazionali ha lo scopo di fissare delle irrealistiche “soglie di compatibilità”di tali flussi con il mantenimento degli standard ambientali nelle città visitate e la qualità dei servizi offerti.

In realtà, in questi 17 anni di attività, niente di tutto questo è avvenuto e queste ricerche e valutazioni sono servite esclusivamente alle grandi compagnie turistiche multinazionali per affermare il principio di una necessaria “crescita illimitata” dei flussi turistici nelle città d’arte europee, indicando esclusivamente le carenze qualitative dei servizi locali che venivano offerti a un inarrestabile flusso di turisti organizzato da agenzie di viaggio assetate di profitti a buon mercato.

Un noto studioso dei flussi turistici come Gugliotta, afferma che «la capacità di carico di turisti per una località (supponiamo ad es. Firenze) è la capacità di assorbire il turismo senza che i residenti ne percepiscano gli effetti negativi», e che «…la capacità di carico fisica è la capacità di assorbire il turismo senza che si inducano danni all’ambiente». Ma che vuol dire, da un punto di vista scientifico, «senza che i residenti ne percepiscano gli effetti negativi»? Chi sono i residenti? Commercianti, artigiani, albergatori, operatori delle agenzie, guide turistiche, non sono anch’essi ‘cittadini’? E che vuol dire, ‘…danni all’ambiente’? come si misurano i danni arrecati al ‘consumo di città e di ambiente’ da parte dei turisti visitatori, la maggior parte dei quali appartenenti alla categoria del mordi e fuggi’?

In altre parole, in circa 15 anni dalla sottoscrizione dell’Agenda 21 da parte di oltre 150 governi di altrettanti Paesi, il concetto di sviluppo sostenibile delle città è venuto “diluendosi” in un concetto astratto di compatibilità con un’altrettanto astratta e non misurabile “capacità di carico”del sistema urbano, se si rifiuta il metodo scientifico come l’unico in grado di misurare effettivamente l’impronta ecologica delle città contemporanee in cui viviamo.

Così come, pur avendo sottoscritto nel protocollo di Kyoto di stabilizzare le emissioni ai livelli del 1990, tutti i Piani urbanistici e i nuovi Piani strutturali approvati nelle principali città d’arte italiani (meta costante di milioni di turisti l’anno) sono stati “legalmente” autorizzati a violare la norma cogente europea di sottoporli a valutazione ambientale strategica, ovvero di misurarne in termini scientifici, la sostenibilità del loro sviluppo.

In questo modo accade che quando vogliamo rendere noto all’opinione pubblica quale grado di sostenibilità le città europee abbiano rispetto alla globalizzazione dei flussi turistici internazionali, ci affidiamo o alle statistiche delle grandi compagnie multinazionali (come è recentemente accaduto sul “Sole 24 ore” e sul “Pais”) oppure ci limitiamo a esumare le ricerche del MAP, il quale, privo di qualsiasi indirizzo politico da parte di quei governi europei che hanno sottoscritto sia l’Agenda 21 di Rio de Janeiro, sia il protocollo di Kyoto sulle emissioni climalteranti, continua a “blaterare” della capacità di carico turistica nelle città del Mediterraneo .

In realtà, per tutelare la struttura sociale urbana dei centri storici a rischio, nelle città d’arte europee come Firenze, Venezia o Napoli ( meta di milioni di turisti ogni anno) sarebbe necessario, già oggi, un Fondo per il futuro (di queste città) per la salvaguardia del patrimonio socio-culturale. Un progetto del genere, finanziato con denaro pubblico dello Stato e della Comunità europea, dovrebbe prendere in considerazione tutti gli aspetti sociali, culturali, ecologici ed economici correlati allo sviluppo della città e dei quartieri dove vivono i suoi abitanti, in modo da misurarne l’effettiva sostenibilità integrata da tutti i fattori che contribuiscono allo sviluppo della città.

Se si seguisse questo “metodo scientifico” si avrebbe modo di capire con assoluta evidenza che la tanto discussa, a Firenze, “tassa di scopo” da applicare in misura ragionevole a ciascun visitatore-turista della città, altro non è che l’equivalente della “carbon tax” che si adotta per rendere sostenibile l’uso dell’energia o anche il corrispettivo della “tassa rifiuti” che si dovrebbe utilizzare per finanziare i piani di recupero e riciclo delle materie prime secondarie e per implementare il mercato del riutilizzo della materia che è alla base di uno sviluppo sostenibile.

E se si proseguisse per questo “sentiero virtuoso” si arriverebbe con altrettanta documentata evidenza a comprendere che la VAS dei Piani urbanistici e dei Progetti insediativi all’interno delle funzioni urbanistiche indicate per ciascuna UTOE dei nuovi Piani strutturali, (con i quali sta nascendo in Italia l’Urbanistica di terza generazione), serve soprattutto a migliorare la qualità dei Piani e dei Progetti, non ad aggiungere vincoli o a burocratizzare il procedimento, come oggi si dice. La VAS dei Piani urbanistici nelle città d’arte,al contrario, può diventare uno strumento guida della costruzione dello sviluppo sostenibile che la Conferenza di Rio di Janeiro aveva statuito, attraverso un percorso partecipato dai cittadini, indicando quali siano i veri obiettivi di sostenibilità dello sviluppo che essi devono raggiungere.

Se, nelle città d’arte italiane ( Firenze, Napoli, Venezia, Palermo) nascesse un tale Fondo per il Futuro, lo statuto dovrebbe stabilire l’obbligo di perseguire il bene comune e di essere indipendenti da interessi particolari. Vi sarebbe la concreta possibilità di far partecipare i cittadini, insieme alle Amministrazioni locali, alle associazioni economiche e alle università, ad una strategia per lo sviluppo sostenibile di tali città, ricavando preziose risorse da un turismo reso più responsabile verso il patrimonio storico-artistico- culturale di cui usufruisce nel contesto sociale, ecologico ed economico della città che lo ospita.

Sarebbe un modo concreto per fare delle città d’arte italiane un modello esemplare per la salvaguardia di ogni città storica europea e per la promozione di un turismo “compatibile” con città che possiedono un patrimonio artistico universale. Sarebbe un modo concreto di creare una partnership nuova tra amministrazioni locali, privati e cittadini, superando la vecchia tradizione delle “leggi speciali” per le città d’arte e l’accettazione passiva del loro declino.

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