[17/03/2008] Recensioni

La Recensione. ABC della psicopatologia Di Mariangela Falabella

Quando parliamo di malattia mentale ci riferiamo tutti alla stessa cosa o piuttosto ognuno di noi si rifà a una propria convinzione che si discosta da quella delle altre persone magari cresciute in un altro contesto sociale e ambientale?
Salute e malattia sono apparentemente figure molto semplici, così abituali nel nostro linguaggio, ma tuttavia difficili da definire, soprattutto se riguardano la psiche.

L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), ad esempio, definisce la salute come lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di una malattia o di una infermità. L’Apa, l’associazione che riunisce gli psichiatri americani fornisce uno dei repertori diagnostici più famosi dei disturbi psichiatrici il Dsm (Diagnostic and statistical manual of Mental disorders) allo scopo di fornire un linguaggio comune.

La necessità di un linguaggio condiviso supera il pericolo di continuare a reificare il disagio, ma a patto che gli operatori tengano sempre presente questa possibilità. E che ricordino che nel tempo il Dsm è continuamente aggiornato, circostanza che ne sottolinea l’aspetto legato al contesto non statico, ma dinamico.

Infatti, come afferma Mariangela Falabella – autrice di “ABC della psicopatologia. Esplorazione, individuazione e cura dei disturbi mentali” - il discorso sul disturbo mentale «non può essere inglobato, fissato su una griglia da cui trarre deduzioni logiche e necessarie».

“ABC della psicopatologia. Esplorazione, individuazione e cura dei disturbi mentali” è dunque un excursus nel mondo del malessere mentale, una raccolta delle mille informazioni provenienti dalla letterature scientifica, ma anche uno strumento che permette di distaccarsi dal precostituito per andare avanti. Il lavoro della Farabella – giornalista, pubblicista, psicologa, psicodiagnosta, psicoterapeutica e docente presso l’Istituto di ricerche psicosomatiche a Roma, Livorno, Grosseto e Macerata - è infatti una raccolta ragionata di materiale da cui esperti e non, possono ricavare le relative istruzioni d’uso e, perché no, produrre nuovi lavori.

A ogni passo del suo percorso l’autrice espone per le varie patologie i criteri diagnostici, gli approfondimenti diagnostici e l’ipotesi di intervento terapeutico, premettendo però che ogni caso è espressione di una realtà umana complessa e articolata. E dunque ogni caso non può essere catalogato solo su basi teoriche, ma compreso nel suo contesto culturale, sociale e anche ambientale. Del resto la persona non è un “opera conclusa” né tanto meno fa parte di una realtà finita e lineare. L’uomo e i suoi saperi sono il frutto della componente biologica, culturale, sociale e ambientale, l’ambiente non è un altro rispetto all’uomo, ma è parte integrante e interagente nella costruzione del sé dell’essere umano. La realtà in cui è inserito l’essere umano è complessa composta da molteplici elementi che interagiscono fra di loro creando un costante rapporto dinamico. Allora se il modello è quello della complessità conoscere il paziente, le sue patologie, non può prescindere da tutto questo.

E’ ormai assodato che molti disturbi psichici non sono di natura congenita e molto spesso fanno capo ai messaggi che da questa società arrivano. Gli stessi disturbi legati al cibo come l’anoressia o la bulimia ne sono un esempio: sono in aumento nelle società opulente e pasciute e spesso sono indotte da un modello femminile e anche maschile veicolato attraverso la moda, i mezzi di comunicazione, le mille pubblicità. Per non parlare poi degli attacchi di panico, dei disturbi da stress, di quelli depressivi tipici in continuo aumento in una realtà come la nostra. C’è poi la schizofrenia, il disturbo antisociale, lo stato borderline che addirittura possono essere “curati” con specifici farmaci.

Ma comunque sia la patologia è la manifestazione di un disagio: il disagio di vivere in un contesto sociale, culturale e anche ambientale plasmato e condizionato dallo stesso uomo. E’ un senso di inadeguatezza a un ambiente che si modifica e muta sempre più velocemente e senza regole precostituite.

Secondo la psicologia ambientale (branca della psicologia cognitiva insegnata anche in alcune facoltà universitarie come quella di Bologna) che si occupa delle interazioni uomo-ambiente, il modo in cui ci comportiamo ed il nostro benessere psicofisico dipendono infatti in larga misura dal tipo di ambiente in cui viviamo. Le caratteristiche ambientali si riflettono sul comportamento, pensieri, emozioni ma l’ambiente muta anche perché l’uomo tende a modificarlo.

L’uomo ha conquistato nel corso dei tempi un grande potere sulla natura, l’ha trasformata, l’ha sfruttata con la pretesa totalizzante di controllarla. Ha cercato di ripristinare equilibri o tutela di situazioni ipotizzate come stabili e non ha cercato di instaurare equilibri dinamici nel rispetto della reciproca interazione fra organismo e ambiente.
Ma il rapporto fra ambiente e uomo non è unidirezionale, non è statico e non è precostituito; le influenze dell’ambiente non sono definibili come meri input e la natura, al pari della mente è un insieme interattivo di legami.

E ora l’uomo si trova con il suo modo di essere, con le sue emozioni e i propri sentimenti a dover affrontare un ambiente che risponde alle attività antropiche in modo non lineare ma complesso e interattivo. E ne paga le conseguenze: si muove in questo ambiente privo di un qualsiasi senso d’orientamento, manifestando il suo malessere anche con le patologie mentali.

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